Autonomia differenziata: i nodi sottovalutati dalla Lega Salvini vengono al pettine

Già all’opera gli insabbiatori che puntano a rispettare le indicazioni della Corte costituzionale. Salvini ricatta Meloni: «l’autonomia viene prima del premierato».  

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L’unica lettura condivisa dalle forze di maggioranza di centro destra è che il referendum sull’Autonomia differenziata proposto dalla sinistra è praticamente superato. E ciascuno tira un sospiro di sollievo per motivi diversi, come si evince raccogliendo gli umori nel centrodestra. Giorgia Meloni perché il suo governo eviterà una sorta di bivio in primavera, a forte rischio di bocciatura, oltre a preservare il ricco bacino dei consensi nelle regioni del Mezzogiorno. Antonio Tajani perché per Forza Italia non sarebbe stato semplice misurarsi con le regioni del Sud guidate da governatori azzurri fortemente critici con la legge. E Matteo Salvini per il timore di una bocciatura per mano degli elettori, del Mezzogiorno e pure di una bella fetta di quelli del Nord che ormai alle strategie di Capitan Mojito credono poco.

Dopo il sostanziale spostamento sul binario morto delle riforme impresso dalla Corte costituzionale, con la palude delle sabbie mobili della politica italiana già attovagliata, si registra soprattutto incertezza su tempi e modi con cui si potranno varare i correttivi. Per analisi approfondite e indicazioni sulle prossime mosse, nel governo si aspetta di leggere la sentenza completa.

«Non c’è nessun disorientamento, c’è il richiamo al Parlamento con l’indicazione di alcune linee guida di rettifica», la sintesi del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. E dalla Lega tendono a vedere il bicchiere mezzo pieno: la Consulta «conferma la costituzionalità della legge» sull’Autonomia differenziata e «i rilievi possono essere agevolmente superati anche con il supporto del Parlamento senza grandi ritardi sulla tabella di marcia».

Nel partito di Matteo Salvini si confida sull’esperienza del ministro Roberto Calderoli, ma è un dato di fatto che al Congresso federale atteso a inizio anno sarà difficile sbandierare l’attuazione di una storica battaglia leghista. Umberto Bossi preferisce osservare senza commentare. E fra i militanti della Lega fu Nord circolano commenti poco teneri verso le strategie degli attuali vertici leghisti.

Per l’ex senatore veneto della Lega fu Nord, Paolo Franco, «pensate a cosa fa la malvagia astuzia di Roma e la meschina furberia di Calderoli ed altri illustri esponenti di Lega Salvini Premier… La Consulta non ha cassato la legge per intero, ma solo in alcune parti in modo che il proseguo sia irrimediabilmente compromesso, quindi senza azzerarla del tutto. E Calderoli & C., in queste ore, esultano dicendo che la Corte ha fatto questo e quindi la legge non viene cancellata e verrà corretta. Ma è proprio quello che vuole Roma, perché cancellarla vorrebbe dire aprire la via diretta alla trattativa-intesa Stato-Regione (come prevederebbe la Costituzione). Invece neanche il referendum si farà. E quindi l’Autonomia differenziata è definitivamente morta sepolta dalla legge Calderoli che resta in piedi solo per fare da pietra tombale, come, appunto, vuole Roma. Per questo le responsabilità di chi ha voluto e votato una legge quadro (o di attuazione, come si vuol dire) sapendo che avrebbe creato la palude dove sarebbe affondata, sono gravissime».

E che le cose all’interno della maggioranza siano destinate ad incattivirsi specie se il risultato elettorale alle regionali dell’Emilia Romagna e dell’Umbria (dove balla il governatore uscente di centro destra) non dovesse essere favorevole, si fa notare che Salvini pare sia già partito all’attacco di Meloni con un ricatto sibillino profferito nel retropalco del comizio finale di Perugia, ricordando che autonomia e premierato camminano di pari passo e se si blocca l’una il binario morto scatta anche per l’altro. E, calcolando i tempi della liturgia parlamentare che quando vuole è capace di dilatarsi al massimo e anche oltre, probabilmente anche questa legislatura si concluderà all’insegna del nulla di fatto, o quasi, sul fronte delle riforme che il Paese attende da almeno un trentennio per modernizzarsi e portare responsabilizzazione dove ancora oggi si continua allegramente a scialare, guarda un po’ proprio in quelle regioni del Sud a guida azzurra, a partire dall’insuperabile Sicilia

Sul versante opposto si festeggia la decisione della Corte costituzionale con commenti del tipo che «è stata sventata la spaccatura del Paese» (Elly Schlein), «al governo abbiamo dei dilettanti» (Giuseppe Conte), «dell’impostazione di Calderoli non rimane più nulla» (Raffaella Paita).

 

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