Camera di commercio di Trento: dopo il terremoto al vertice continuano i sussulti tra le categorie

Dopo l’addio di Confindustria, ora anche Confesercenti esce dal Coordinamento provinciale imprenditori. Preoccupazione della Provincia. Interrogazione del Pd.

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Dopo la definizione del nuovo assetto della Camera di commercio di Trento che ha profondamente terremotato la rappresentanza tra le varie categorie economiche del Trentino, che ha indotto la politica a presentare una proposta di legge che ha fatto infuriare i due presidenti degli enti camerali di Trento e Bolzano, continuano gli smottamenti anche all’interno del Coordinamento imprenditori del Trentino, con l’addio, dopo quello di Confindustria, anche di Confesercenti.

Il presidente di Confesercenti, Mauro Paissan, con una lettera ha comunicato l’uscita della sua organizzazione dal Coordinamento Provinciale Imprenditori (CPI), a seguito di quanto accaduto durante il recente rinnovo dei vertici della Camera di commercio, industria, artigianato e Agricoltura (C.C.I.A.A.) di Trento e delle evoluzioni successive.

Per Paissan «le decisioni assunte non hanno rispettato quanto precedentemente concordato collegialmente in sede di CPI, relativamente al coinvolgimento nella Giunta camerale dei presidenti o di figure apicali delle associazioni di categoria che fanno parte del Coordinamento stesso. Successivamente, è stata anche negata la rilevanza di tale questione, mettendo in discussione i fatti stessi e, ancor più, il loro significato».

«Confesercenti del Trentino crede fermamente che il fare squadra sia sempre la strada migliore per raggiungere risultati duraturi e di valore per l’intera comunità – puntualizza Paissan -. Tuttavia, riteniamo che per lavorare insieme sia essenziale una fiducia reciproca e un impegno senza riserve verso gli obiettivi comuni e verso le persone che compongono la squadra. In un contesto come quello attuale, in cui la fiducia tra le parti coinvolte sembra essere venuta meno, diventa difficile per noi immaginare una prosecuzione della collaborazione in forma produttiva all’interno del CPI».

La norma regionale che regola le modalità di elezione e rappresentanza all’interno delle giunte camerali ha spinto la politica a vederci chiaro, tanto che il Pd del Trentino ha presentato una proposta di legge per evitare il ripetersi di quanto accaduto a Trento, con l’esclusione dal vertice camerale di oltre il 30% di rappresentanza dell’economia trentina, con gli industriali e parte del commercio esclusi.

La seconda commissione del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige, presieduta da Waltraud Deeg, si è riunita a Trento per audire i rappresentanti delle Camere di commercio di Trento e di Bolzano in merito al disebgno di legge n. 7 presentato dal consigliere Pd Andrea de Bertolini in merito alla composizione della Giunta camera, che modifica l’articolo 11 della legge regionale del 9 agosto 1982. Il primo ad essere audito è stato il presidente della Camera di commercio di Trento, Andrea De Zordo, che ha illustrato le norme che regolano la rappresentanza dell’organo camerale e ha osservato che un’eventuale applicazione della legge in esame porterebbe ad alcune criticità nell’assetto attuale della Camera di commercio.

Il presidente della Camera di commercio di Bolzano, Michl Ebner, ha detto che la situazione attuale in Camera di commercio è disciplinata da una legge nazionale e da una regionale e di non ritenere esista quindi un vuoto normativo, argomentando anche, come De Zordo, su possibili criticità di rappresentanza introdotte dal ddl in esame. Terminato l’intervento dei due presidenti è stato deciso dalla Commissione di approfondire in una prossima convocazione l’esame del disegno di legge con l’audizione del coordinamento imprenditori.

Intanto il Pd non molla, con il consigliere Lucia maestri che ha presentato un’interrogazione a seguito dell’uscita dal Coordinamento imprenditori di Confesercenti, affermando che tutta la situazione venutasi a creare attorno all’elezione del nuovo vertice della Camera di commercio di Trento potrebbe essere stata all’insegna di «una sorta di “regolamento di contiintestino ai mondi produttivi regionali» che «potrebbe penalizzare l’economia del Trentino che non riesce a fare massa critica e a posizionarsi vantaggiosamente sui mercati».

Maestri mette nel mirino la maggioranza di governo del Trentino: «tutto questo avviene nell’assordante silenzio della politica provinciale la quale, secondo una ormai consolidata prassi, volge altrove lo sguardo, a parte qualche frase di circostanza, non prende alcuna posizione e non chiarisce il suo orientamento. L’immagine che ne emerge è una sostanziale incapacità di governare i problemi ed una più comoda predisposizione a subirli».

Da parte sua, l’assessore allo sviluppo economico del Trentino, il leghista Achille Spinelli, parla di «situazione complicata” e di un «devo dispiacermi profondamente per questa scelta» che finisce con il «creare forme di disunione che non sono nelle corde del Trentino», con la necessità di «ricucire lo strappo tra le varie categorie economiche».

 

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