Aggressioni ai sanitari: nel 2024 in Veneto già 1.864 casi

Le donne sono il 67% delle vittime. Cresce il rischio di abbandono del personale.

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Tra il primo gennaio e il 30 settembre 2024 si sono già registrate 1.864 aggressioni ai sanitari delle strutture del Veneto. Se l’andamento attuale sarà confermato, si potrebbero superare le 2.500 segnalazioni entro la fine dell’anno.

Il quadro inquietante emerge dalla rilevazione del Centro del Veneto e indicano che dal punto di vista dell’età, le aggressioni si concentrano principalmente nella fascia tra i 30 e i 59 anni, il gruppo più esposto, sia per numero di episodi sia per la gravità degli atti subiti. In particolare, tra gennaio e settembre 2024, le aggressioni ai sanitari nella fascia di età 30-39 anni sono state 545, mentre nella fascia 40-49 anni si sono registrati 552 casi. Anche questo dato conferma il peso dell’onere lavorativo sostenuto da operatori che si trovano nel pieno della loro carriera professionale.

Rispetto agli anni precedenti, l’incremento è evidente. Nel 2020 si erano registrate 220 aggressioni ai sanitari, già salite a 663 nel 2021 e a 883 nel 2022. Ma è nel 2023 che si è registrato il picco con 2.229 aggressioni. Questo dato indica chiaramente che la pandemia ha contribuito a esacerbare tensioni che ora stanno esplodendo con crescente violenza. Il personale sanitario ha svolto un ruolo fondamentale durante l’emergenza Covid-19, ma si trova ora a pagare il prezzo di una pressione costante e insostenibile.

«I numeri – dice il presidente del Veneto, Luca Zaia – non lasciano spazio a dubbi: tra le persone aggredite, il 67% è costituito da donne, una percentuale in linea con quella osservata negli anni precedenti, a testimonianza del fatto che il personale sanitario femminile è particolarmente esposto a episodi di violenza. Tra le vittime, nel 2024, si contano già 1.244 donne e 620 uomini, una situazione estremamente critica in cui la sicurezza sul lavoro è costantemente minacciata».

Le continue aggressioni ai sanitari rischiano di allontanare dal servizio il personale che potrebbe preferire svolgere la propria professione fuori dal Servizio sanitario nazionale o, peggio, all’estero, dove il riconoscimento sociale e le retribuzioni sono decisamente maggiori che in Italia.

 

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