Il nuovo crollo di vendite di auto in Europa ad agosto fa scattare l’allarme ultrarosso

Costruttori e politica chiedono l’immediata revisione delle regole europee del “Green Deal” che rischia di affossare la manifattura europea e cancellare milioni di posti di lavoro a favore dei cinesi.

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nuovo crollo di vendite auto

L’ennesimo, continuo e pesante crollo di vendite di veicoli nuovi mese su mese nel mercato europeo ha fatto scattare l’allarme ultrarosso tra i produttori e tra i politici, con le immatricolazioni di autovetture in Europa Occidentale (UE+EFTA+UK) hanno fatto registrare in agosto un calo del 16,5% rispetto ad agosto 2023 e un calo del 29,6% rispetto ad agosto 2019, cioè rispetto al livello prepandemico. Ancora peggiore è la situazione se si considera la sola Unione Europea, cioè l’Europa Occidentale senza Regno Unito, Islanda, Norvegia e Svizzera, dove il calo di agosto sale al 18,3% sull’agosto 2023 e del 32,2% sull’agosto 2019.

Dati decisamente allarmanti che ha fatto scattare la richiesta da parte dei costruttori associati nell’Acea indirizzata ai governi e alla Commissione europea a rivedere da subito le regole fallimentari del “Green Deal” che rischia di uccidere un settore in cui l’Europa era leader incontrastata a solo favore della produzione cinese.

Il nuovo crollo di vendite ad agosto è legato alle vendite di auto elettriche in Europa, tanto che i costruttori di Acea si trovano a dovere gestire l’entrata in vigore a gennaio 2025 delle multe europee per il superamento dei livelli di emissione a livello di gamma, con il rischio di dovere pagare complessivamente fino a 14 miliardi di sanzioni a produzione invariata o a tagliare oltre 2 milioni di pezzi prodotti, in entrambi i casi con conseguente perdita di centinaia di migliaia se non di milioni di posti di lavoro nel settore automotive.

L’Acea spiega che «l’industria non può permettersi di aspettare la revisione delle normative sulla CO2 nel 2026 e nel 2027, ma ha bisogno «di un’azione urgente e significativa adesso per invertire la tendenza al ribasso, ripristinare la competitività dell’industria europea e ridurre le vulnerabilità strategiche».

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L’allarme dei costruttori è stato fatto proprio dal neo presidente di Confindustria, Raffaele Orsini, nel corso dell’assemblea annuale, che ha definito la filiera automotive «in grave difficoltà, depauperata del proprio futuro dopo aver investito risorse enormi per abbattere le emissioni» cui ha fatto eco il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, secondo cui «dal dopoguerra l’auto è stato il tramite dello sviluppo, era un modello di vita. Oggi questo sentimento rischia di cambiare, l’auto sta uscendo dai consumi dei giovani, non è più una loro priorità».

Il governo e gli industriali condividono come primo obiettivo evitare la vendita in Europa di sole auto con motore elettrico dal 2035 e affermare il principio della neutralità tecnologica. Un incontro tra il ministro delle Imprese e del “Made in Italy”, Adolfo Urso, Confindustria e i sindacati è già fissato per il 23 settembre a palazzo Piacentini. Urso anticiperà le proposte di politica industriale per il settore che presenterà a Bruxelles al consiglio competitività del b.

Il fulcro è l’anticipo ai primi mesi del 2025 dell’attivazione della clausola di revisione prevista dal Regolamento in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli leggeri per la fine del 2026. Al termine dell’assemblea di Confindustria Urso ha parlato di «sostanziale fallimento del “Green Deal“», con il sistema automobilistico sarebbe «vicino al collasso».

In Italia la produzione di autovetture è crollata del 35,5% nei primi sette mesi del 2024 e del 54,7% nel solo mese di luglio, secondo gli ultimi dati dell’Anfia, l’associazione della filiera automotive italiana, allontanando l’obiettivo di un milione di veicoli indicato dal governo. Sono slittati anche gli investimenti nella gigafactory di batterie di Termoli, in Molise, e il Mimit ha appena spostato su altri progetti i 250 milioni di fondi Pnrr che vi erano destinati.

Tornando ai dati del mercato auto europeo di agosto, la frenata ridimensiona notevolmente il bilancio dei primi otto mesi 2024 che mantiene soltanto un lievissimo margine rispetto al 2023 (+1,7% per l’Europa Occidentale e +1,4% per l’Unione Europea). Non vi è invece alcun margine rispetto ai livelli ante-crisi, perché il consuntivo dei primi otto mesi, rispetto allo stesso periodo del 2019, accusa un calo del 20% per l’Europa Occidentale e del 20,2% per l’Unione Europea.

Risultati particolarmente negativi sono quelli del maggior mercato dell’Euroarea, quello tedesco, che su agosto 2023 accusa un calo del 27,8%, seguito da quelli della Francia (-24,3%) e dell’Italia (-13,4%), mentre più contenute sono le contrazioni degli altri due maggior mercati (-1,3% per il Regno Unito e -6,5% per la Spagna).

La causa principale del crollo di agosto è da ricercarsi nella crisi dell’auto elettrica (BEV). In agosto nell’intera Europa Occidentale le immatricolazioni di auto elettriche accusano un calo del 36%, mentre considerando solo l’Unione Europea la contrazione è addirittura del 43,9% con cali del 68,8% in Germania, del 40,9% in Italia, del 33,1% in Francia e del 24,8% in Spagna, mentre il Regno Unito fa registrare una crescita (+10,8%) dovuta a forti sconti praticati dai concessionari per smaltire le giacenze di auto elettriche invendute.

A pesare sul calo complessivo delle vendite quanto a numero di auto nuove vendute è necessario fare alcune considerazioni sulle politiche commerciali del settore automobilistico.

Guardando all’Italia, nel 2023 il prezzo medio di un’auto nuova si è aggirato poco sotto i 29.000 euro, quando prima della pandemia nel 2019 il prezzo medio era di 21.000 euro, mentre nel 2013 questo era ancora più basso a quota 18.000 euro. Di fatto, nel giro di 4 anni i listini sono mediamente cresciuti del 30%, aumento che ha avuto un effetto rilevante sul fatturato complessivo, visto che quello sviluppato in Italia nel 2013 è stato di circa 45 miliardi di euro a fronte di 1,6 milioni di auto immatricolate. Un volume di fatturato vicino al record storico di fatturato registrato 9 anni fa, a quota 46 miliardi di euro, ma a fronte di un volume di vendite di 2,6 milioni di pezzi, ben un milione in più di auto vendute rispetto al 2023.

L’aumento del prezzo medio delle auto nuove ha avuto riflessi tangibili anche sui margini delle case costruttrici, visto che tra il 2022 e il 2023, a fronte di aumenti medi dei listini di circa 2.000 euro, la sola Stellantis ha avuto un margine per ogni vettura nuova venduta di circa 3.600 euro.

Altra riflessione riguarda gli effetti degli incentivi pubblici dei vari stati sulla spinta all’elettrificazione della mobilità, dove nel 2023 Francia, Italia e Germania hanno speso complessivamente circa 5 miliardi nei sostegni, salvo incassare un drastico calo di vendite. Di fatto gli incentivi sono serviti da volano per incrementare il volume delle auto d’importazione cinese, tanto che dal 2015 al 2022 la produzione cinese di automobili è salita dal 27 al 33% del totale mondiale, mentre quella europea è scesa dal 24 al 19%, perdendo 5,3 milioni di pezzi e i relativi addetti.

Le cifre riportate dovrebbero convincere la politica europea a rivedere da subito regolamenti fallimentari e rilanciare un settore prima che sia troppo tardi.

 

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