Quasi un terzo della spesa delle famiglie italiane, pari 1.258 miliardi di euro complessivi nel 2023, se ne va per la casa, mentre appena l’1% è quando si spende per l’istruzione: se l’abitazione, nel 2023, ha risucchiato 364 miliardi dalle tasche degli italiani, libri di testo e formazione hanno pesato, sui bilanci familiari, per 9,7 miliardi, unica voce in calo (-2%), nei conti, rispetto al 2019.
Il dato emerge da un’indagine sulle principali voci di spesa delle famiglie italiane realizzata dal Centro studi Unimpresa, secondo cui in alcolici e sigarette si spende il 4% del budget pari a quasi 50 miliardi, mentre per la sanità, la spesa è cresciuta di 5 miliardi (+12%) da 34 miliardi a 43 miliardi, ma se nel 2019 questa voce del bilancio delle famiglie occupava il 4% de totale, alla fine dello scorso anno è diminuita al 3%.
Dal 2019 al 2023, prima e dopo la pandemia da Covid, la spesa delle famiglie italiane, complice soprattutto la fiammata dell’inflazione del biennio 2022-2023, è salita di 171 miliardi (+16%), da 1.087 miliardi a 1.258 miliardi.
«I dati sono la perfetta rappresentazione della nostra società e mostrano anche i guasti del sistema pubblico oltre a mettere in evidenza alcune caratteristiche negative sul piano culturale. Partendo dal basso, è chiaro che prestiamo troppa poca attenzione alla formazione e all’istruzione; il Servizio sanitario nazionale non funziona e impone alle famiglie sacrifici eccessivi; la voce “trasporti” sarebbe più contenuta se le amministrazioni pubbliche, territoriali e statali, fossero capaci di offrire servizi migliori ai cittadini» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati dell’Istat e della Corte dei conti, nel quinquennio in esame, la radiografia dei consumi degli italiani mostra una invarianza nella sua composizione, a esclusione della spesa per servizi sanitari che, pur in crescita in termini assoluti (+5 miliardi, da 38 miliardi a 43 miliardi), valeva il 4% del totale nel 2019 e “solo” il 3% a dicembre scorso. Tutte le voci risultano in crescita, con aumenti che variano dal 5% al 34%, con due eccezioni: la voce “comunicazioni”, rimasta ferma a 23 miliardi, e quella “istruzione”, calata di 200 milioni (-2%) da 9,9 miliardi a 9,7 miliardi.
Più nel dettaglio, sul totale di 1.258 miliardi, nel 2023 la casa (utenze, mobili, elettrodomestici e manutenzione) è costata in tutto 364 miliardi, in aumento di 53 miliardi (+17%) rispetto ai 311 miliardi del 2019: questa voce vale il 29% del totale. La seconda posizione nella classifica della spesa delle famiglie italiane è occupata dagli alimentari, con 185 miliardi lo scorso anno in crescita di 30 miliardi (+19%) rispetto ai 155 miliardi del 2019: rispetto al paniere totale si è passati dal 14% al 15%. Terzo posto per i trasporti con 160 miliardi, in salita di 10 miliardi rispetto ai 141 miliardi di cinque anni fa (+14%), stabili al 13% del totale, complice anche il peso stratosferico delle accise italiane sui carburanti.
Beni e servizi vari “prelevano” 150 miliardi dai conti familiari, facendo segnare, col più 34%, la crescita maggiore pari a 38 miliardi rispetto ai 112 miliardi del 2019: la percentuale sul totale dei consumi è salita dal 10% al 12%. Le famiglie non rinunciano ad alberghi e ristoranti, che continuano a occupare il 10% dei budget: i 113 miliardi del 2019 sono diventati, con una crescita di 11 miliardi (+9%), 124 miliardi.
È cresciuta, poi, di 13 miliardi (+16%), restando stabile al 7% dei bilanci, la spesa per tempo libera e cultura, passando da 73 miliardi a 86 miliardi. Per abbigliamento e calzature si spendono 66 miliardi, un miliardo in più (+2%) rispetto ai 65 miliardi del 2019: in lieve calo la quota sul totale, scesa del 6% al 5%. Bevande alcoliche e sigarette valgono sempre il 4%: i 46 miliardi del 2019 sono però diventati 48 miliardi, in aumento di 2 miliardi (+5%).
Quanto ai servizi sanitari, per far fronte alle carenze di ospedali e servizi pubblici, sono stati necessari, nel 2023, 43 miliardi, che, seppur in aumento di 5 miliardi (+12%) rispetto al 2019, oggi corrispondono al 3% della spesa totale, in calo se confrontato col 4% di cinque anni fa. Le comunicazioni sono stabili al 2% del totale e anche la spesa complessiva è rimasta invariata a quota 23 miliardi.
Fanalino di coda l’istruzione, che occupa soltanto l’1% dei bilanci: i 9,9 miliardi del 2019, peraltro, sono stati tagliati di 200 milioni a quota 9,7 miliardi con una riduzione (l’unica dei conti delle famiglie) a far registrare una discesa, pari al 2%.
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