Il tema dei conti pubblici è stato al centro del saluto di apertura al Forum di Cernobbio da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha fatto un confronto tra i debiti pubblici di Italia, Francia e Germania.
Nel 2023 – per gestire debito pubblico italiano che a fine anno si attestava a 2.862 miliardi – lo Stato ha speso 78,6 miliardi, ovvero il 2,9% del Pil. E’ a questo valore “pesante” che Mattarella ha puntato, ricordando come lo scorso anno a fronte di «un ammontare di debiti di Francia e Germania che valgono il doppio, il nostro Paese ha pagato in interessi poco meno di quanto hanno pagato insieme» i due paesi, per via del «diverso tasso di interesse» richiesto dal mercato, sulla base del cosiddetto “spread”, il differenziale sui tassi in base alla diversa affidabilità di mercato del debitore.
Parole sui conti pubblici, quelle di Mattarela, che richiamano quanto detto poche settimane fa al Meeting di Rimini dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che ricordava come la spesa italiana per interessi sul debito pubblico «è pressoché equivalente a quella per l’istruzione».
Le cifre parlano chiaro e dovrebbero fungere da monito ad una classe politica che già pensa di mettere a frutto clientelare il maggiore gettito tributario: nel 2023, la Germania ha speso di interessi 36,3 miliardi su un debito da 2.624 miliardi, mentre il conto per la Francia è stato più “salato”, 52 miliardi su 2.430 di debito. In totale, tra Germania e Francia fanno 88,3 miliardi, ovvero un valore non troppo dissimile da quanto la sola Italia ha pagato al mercato, ma ben 42 miliardi in più della Germania e ben 26 in più della Francia.
Se il tasso di interesse complessivo sul debito italiano scendesse a valori franco-tedeschi, il paese si troverebbe in tasca decine di miliardi in più di minore spesa per interessi e una maggiore libertà di manovra.
La divergenza tra i tre paesi è ancora più forte se si rapporta questa spesa al Pil: Eurostat certifica che a fronte del 2,9% di Pil italiano assorbito dal costo del debito, questo dato è appena all’1,4% in Germania e all’1,7% in Francia. L’unica consolazione è che la spesa per interessi italiana era maggiore nel 2022, sopra il 3,2%, mentre nel 2008 – su un indebitamento assai inferiore, ma con interessi alle stelle – il costo del debito era di oltre 81 miliardi.
Ma gli analisti ammoniscono come uno stock così elevato di debito e di quota di interessi da pagare ogni anno esponga il Tesoro italiano a forti rialzi del costo del debito nel medio termine anche con aumenti dei tassi non “verticali”. Insomma, quota 100 miliardi di spesa per gli interessi è una ipotesi concreta, che rende – come ha invocato Mattarella – la riduzione del debito «una esigenza ineludibile» che deve andare di pari passo ad una seria operazione di riqualificazione dell’enorme spesa pubblica annuale, giunta a quota 1.000 miliardi.
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