Automotive europeo al bivio tra recessione e rilancio

Volkswagen annuncia chiusure di fabbriche e licenziamenti, Volvo abbandona il “tutto elettrico” al 2030. Orsini: «necessario cambiare al più presto le politiche europee di mobilità».

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L’automotive europeo è al bivio tra recessione e rilancio, con la prima innescata da politiche ambientali decise dal “Green Dealeuropeo sostanzialmente demagogiche e inattuabili e la seconda legata al rilancio della primazia tecnologica continentale in fatto di motori termici ad alta efficienza e dei nuovi carburanti ecologici. Intanto, cresce trasversalmente la preoccupazione tra imprenditori e lavoratori.

A fare da detonatore del’automotive europeo l’annuncio shock in Germania di Volkswagen che ha comunicato la chiusura di almeno un paio di fabbriche in territorio tedesco – dopo averne chiusa una in Belgio che produce l’Audi 8 Etron – e di almeno 70-80.000 lavoratori da licenziare per tagliare la produzione di circa 500.000 vetture invendute, tanto da fare scattare l’allarme rosso tra i sindacati che hanno attivato la mobilitazione e il potere politico delle regioni interessate dalle fabbriche da chiudere, tra l’altro azioniste al 20% dello stesso gruppo automobilistico.

La spinta all’elettrificazione della mobilità impressa unilateralmente dalla Commissione europea – che la rieletta presidente Ursula von der Leyen ha confermato di voler attuare per incassare i 54 voti degli eurodeputati Verdi indispensabili per il suo secondo mandato – è servita a terremotare l’efficiente automotive europeo aprendo allo stesso tempo il mercato europeo alla produzione di auto elettriche cinesi, tanto da conquistare in pochi mesi ben il 20% del mercato continentale a danno della produzione europea.

A testimonianza del cambiamento degli scenari, l’annuncio di Volvo di rinunciare alla completa elettrificazione della sua gamma di prodotto entro il 2030, visto che il mercato non assorbe l’offerta dei modelli elettrici, addirittura mandando a rischio di fallimento la marca Polestar nata dalla costola Volvo per battere l’elettrificazione della mobilità.

Ne va meglio la situazione italiana, con la produzione di Stellantis sempre più asfittica, tanto da fare annunciare alle associazioni della filiera automotive nazionale la volontà di organizzare una serie di forti manifestazioni per costringere Stellantis e lo stesso governo Meloni ad agire con più determinazione per rilanciare il settore nazionale.

«Se non si riparte, il 31 dicembre 2024 le aziende chiudono definitivamente» afferma il presidente di Unindustria Cassino, Francesco Borgomeo, annunciando che gli industriali italiani dell’automotive hanno «una proposta da portare a tutti i partiti», pensano ad «una manifestazione degli imprenditori» per dar forza alle proposte sulla transizione in Europa e per chiedere al Governo «strumenti straordinari».

Anche per il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, un segnale forte come la chiusura di due stabilimenti Volkswagen in Sassonia «vuol dire che forse le scelte fatte fino ad oggi non sono andate nella via giusta». Lo scenario da cambiare è quello «ideologico», evidenzia Borgomeo, che ha portato l’Europa a decidere lo stop al motore endotermico dal 2035 e l’obbligo di “Euro 7” per le immatricolazioni da luglio 2025.

«Come disse Marchionne, noi siamo pronti a costruire una transizione verso le auto elettriche, ma deve esserci una effettiva produzione di energia da fonti rinnovabili, altrimenti è tutto finto. E’ una truffa: parliamo comunque di energia da fossile» dice Borgomeo. Ed il prezzo «industriale, sociale, economico» è altissimo: «il sistema crolla».

Gli industriali non vogliono fermare la transizione, «la nostra proposta è molto semplice – spiega Borgomeo -: vogliamo che al 2035 tutto il parco auto europeo sia almenoEuro 6”: porterebbe un miglioramento enorme dal punto di vista delle emissioni e della sicurezza mantenendo in vita una filiera e le fabbriche che nel frattempo si orienteranno verso altro». Al contrario, con lo stop al motore endotermico «si venderanno solo macchine elettriche, ma ci sarà un parco auto che avrà trent’anni, ammazzando l’industria e danneggiando anche i consumatori».

E la preoccupazione di fondo è evidente: «se le case automobilistiche debbano fare qualcosa che è contraria al mercato, non lo faranno, anche perché sarebbe solo buttare soldi al vento». E di miliardi di euro investiti dal settore in un’elettrificazione fallimentare della mobilità ne sono stati spesi a carrettate, di cui la politica europea, a partire dalla neo bis presidente Ursula von der Leyen, dovrebbe rendere personalmente conto con dimissioni irrevocabili.

 

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