L’inflazione sta rallentando grazie anche al raffreddamento dei costi energetici ma nel settore turistico i prezzi, in Italia, hanno subito un deciso aumento quest’estate con effetti negativi sul turismo nazionale, tanto che le vacanze in Italia del 2024 hanno visto una riduzione degli italiani che pagano il ridotto potere d’acquisto.
Dopo i dati Istat che segnalavano crescite dei prezzi di ristoranti, alberghi o spettacoli superiori di due o quattro volte rispetto al tasso di inflazione generale, arriva anche una nuova conferma da Eurostat. L’istituto europeo indica come a luglio il prezzo al consumo dei pacchetti vacanze in Italia (soggiorni o tour all-inclusive che prevedono viaggio, cibo, alloggio, guide, ecc.) abbia registrato una crescita del 19,5%, decisamente più elevata del +6,6% della media Ue, che sale addirittura al +29,8% nel caso di pacchetti per località nazionali.
Per i prezzi dei pacchetti vacanza internazionali l’Italia invece registra una crescita inferiore alla media Ue, con il 3,7% a fronte del 5,7% medio Ue. Il Belpaese ha inoltre registrato un aumento dei prezzi superiore a quello europeo anche per i servizi ricreativi e culturali (+8,8% a luglio a fronte del +4,8% in Ue) e per i servizi ricreativi e sportivi (+5,6% in Ue in media, +13,3% in Italia).
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E’ andata meglio per i prezzi dei voli nazionali, che in Italia sono diminuiti in media del 15,2% (+4,5% in Ue), mentre quelli internazionali hanno avuto una flessione del 15,6% (-4% la media Ue).
Eurostat non lo dice, ma forse non è un caso se le località turistiche nazionali abbiano registrato un calo delle presenze degli italiani compensate da quelle degli stranieri. Secondo un’indagine di Assoturismo Confesercenti, realizzata dal Centro Studi Turistici di Firenze, il trimestre estivo è stato al di sotto delle aspettative con un -0,7% di pernottamenti e di una flessione degli italiani (-2,9%) a fronte di presenze straniere salite dell’1,6%. In calo il turismo balneare (-2%), ma anche la montagna (-1%) e il termale (-1,4%) registrano una flessione. Tiene il turismo culturale, anche qui grazie ai visitatori dall’estero.
Il calo della domanda italiana del 2,9% si è sentito in particolar modo nelle località balneari (-4,1%), termali (-5,3%) e dei laghi (-3,7%). In termini assoluti si stimano per il trimestre estivo 105,4 milioni di pernottamenti di italiani, contro i 108,6 milioni del 2023.
I mercati europei che hanno fatto registrare una crescita significativa per le vacanze in Italia sono stati la Francia, la Polonia, Paesi Bassi, la Repubblica Ceca e il Belgio. In leggero aumento anche le provenienze dai Paesi Scandinavi, Svizzera, Ungheria e Spagna. Invece, per austriaci, tedeschi e britannici sono state segnalate flessioni di diversa entità. Per le provenienze dai mercati extraeuropei le indicazioni di crescita significativa sono state per gli statunitensi e gli australiani, ma un aumento è stato rilevato anche per brasiliani, canadesi e coreani. In flessione i flussi cinesi, giapponesi, indiani e in generale le provenienze dai Paesi arabi.
Ad eccezione del NordOvest (+0,4%), in tutte le macro aeree sono state registrate flessioni di diversa entità, in particolare nelle regioni del NordEst per le quali si stima un calo del -1%. La flessione stimata per le regioni del Centro scende al -0,8%, mentre per le aree del Sud e Isole si ferma al -0,6%.
Ora gli operatori sperano nella prima metà di settembre per recuperare le presenze degli italiani, complice anche l’avvio della bassa stagione, con prezzi più abbordabili e, cosa da non sottovalutare, anche con meno affollamento turistico, a vantaggio della qualità dei servizi offerti.
A contribuire al rilancio delle vacanze in Italia potrebbero essere gli stessi operatori dell’ospitalità e del ristoro superando certe modalità di approccio con il cliente cui s’addebitano una pluralità di extra, spesso ingiustificati oltre che odiosi. Secondo il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso, cresce il numero di operatori che applicano balzelli inopportuni, specie al ristorante, «per qualsiasi servizio aggiuntivo richiesto ai tavoli, dai pochi centesimi per un bicchiere di acqua di rubinetto aggiuntivo, ai 2 euro per riscaldare il latte del biberon nel micronde, ai 3 euro per un piatto vuoto aggiuntivo, 2 euro per tagliare un tramezzino, 50 centesimi per del ghiaccio aggiuntivo in una bibita, 1,5 euro per posate in più, fino agli stratosferici 58 euro richiesti per sporzionare una torta, cui fa sempre da contorno il tradizionale “coperto”, da 2 a 5 euro, servizio spesso inesistente e rappresentato solo da una tovaglietta e relativo tovagliolo di carta».
Per evitare di ingenerare una giungla che disorienta i consumatori e che li incentiva a consumare una cena a casa, meglio sarebbe offrire un conto a forfait, con un piccolo rincaro sistematico di tutto il menu e abolendo tutto il resto. Per l’operatore il risultato sarebbe lo stesso e per il consumatore meno travaso di bile.
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