Produzione automotive in Italia a giugno: Stellantis affonda

Con il calo del 54% a sole 25.000 unità prodotte, sale la preoccupazione dei lavoratori e di tutta la filiera automotive. A Monza politici e imprenditori chiedono il superamento di una posizione ideologica che ha aperto il mercato europeo al prodotto cinese.

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Produzione automotive Fiat 2011 nuova Panda catena montaggio trasporto

A giugno, in base ai dati definitivi di Anfia, la produzione automotive italiana – praticamente quasi tutto di Stellantiscala del 25% su anno e cresce del 2,2% rispetto al mese precedente a fronte di una produzione industriale nel suo complesso in calo del 2,6% su anno e in crescita dello 0,5% su mese. Nei primi sei mesi la produzione industriale registra un calo del -3,2%, il settore automotive del -16,3%.

A livello di singoli comparti automotive a maggio la produzione di auto cala del 36% nel mese e del 19,6% nel cumulato, quella di carrozzerie incrementa dello 0,2% nel mese e del 13,9% nel cumulato, mentre la produzione di parti e accessori risulta in calo del 15,6% nel mese e del 18% nel cumulato.

Per quanto riguarda la produzione automotive rilevata da Anfia, il totale delle auto prodotte a giugno ammonta a circa 25.000 unità di volume, in calo del 54,3% rispetto a giugno del 2023. Nel cumulato dei sei mesi sono state prodotte 202.000 autovetture, in calo del 32,2% sullo scorso anno. Nel primo semestre il totale degli autoveicoli prodotti si attesta a circa 368.000 unità, in calo del 20,6% rispetto allo stesso periodo 2023.

In calo la produzione automotive anche nei principali mercati europei, con l’eccezione della Spagna che a giugno segna -7,5% ma nei primi sei mesi registra una crescita del +5% a 1,08 milioni di unità. In Germania il calo nel primo semestre è del -6% a 2,1 milioni di unità, Gran Bretagna-7,6% a 416.000, mentre la Francia nel periodo gennaio marzo (ultimo dato disponibile registra) un calo del 21,6% a 233.000 unità.

A pesare negativamente l’andamento dell’auto elettrica, praticamente rifiutata dai consumatori e su cui ciascun produttore lavora in perdita incassandorossicolossali, tanto che la sola Ford denuncia una perdita media di 70.000 euro per ogni auto a batteria prodotta, e con le principali case produttrici che paiono uscire dalla sbornia del solo elettrico rimettendo in produzione varianti con motore termico di modelli lanciati solo elettrici, ma rimasti invenduti sui piazzali.

Secondo quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, il tasso di penetrazione delle vetture a batteria nei Paesi europei, dopo aver raggiunto quasi +9% ad agosto 2023 è poi crollato fino a sfiorare -6% a dicembre. A una leggera ripresa a inizio 2024, con un rimbalzo a gennaio di poco superiore all’1,5%, è seguito un nuovo, brusco calo già da febbraio, fino a sfiorare il meno 2% di maggio scorso.

Secondo Unimpresa, da gennaio 2023 a maggio 2024, il quadro delle vendite delle auto a batteria in Europa, Stati Uniti e Cina è profondamente mutato: solo i cinesi sono rimasti in una situazione positiva con il tasso di penetrazione al 2%, mentre le immatricolazioni americane sono sostanzialmente ferme.

«Manca una strategia nazionale nell’automotive e manca una visione a lunga scadenza. Le uniche ad avere la visione sono le case produttrici che vogliono pagare poco la manodopera, pagare zero l’energia e vogliono gli incentivi di Stato. Nessuno pensa però alle realtà dell’indotto, fatto da migliaia di aziende italiane e delle loro centinaia di migliaia di dipendenti», evidenzia il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, sottolineando che «in questo il ministero dimostra tanta buona volontà ed è oggettivamente aperto a soluzioni, ma, se tutto dovrà essere deciso da quattro multinazionali, assisteremo all’ennesimo buco di bilancio statale, licenziamenti e depauperamento dei territori».

Proprio per cercare di salvare il salvabile, a Monza, in occasione del Gran Premio di F1 si è svolta una tavola rotonda dell’automotive lombardo, una delle maggiori realtà del settore, un comparto regionale che vanta oltre 13.000 imprese con 55.000 addetti per un valore aggiunto generato che supera i 3,6 miliardi di euro.

Dal convegno organizzato dalla regione Lombardia all’Autodromo nazionale è emersa la necessità di procedere verso la decarbonizzazione del settore evitando paletti ideologici che impongano come unica soluzione la trazione elettrica.

«La filiera dell’automotive è molto articolata e complessa – sottolinea il presidente del Consiglio regionale, Federico Romani -. Abbiamo di fronte una sfida epocale che dobbiamo affrontare senza paletti ideologici, ma percorrendo soluzioni concrete ed efficaci. Per decarbonizzare e ridurre le emissioni l’elettrico non è l’unica strada. Desta seria preoccupazione l’impatto che una transizione ecologica esclusivamente incentrata sull’elettrico avrebbe sullo stato di salute del comparto automotive lombardo, sia in termini di competitività sia in termini di occupati. Dobbiamo esplorare anche altre soluzioni proposte dalla tecnologia, come i biocarburanti, carburanti sintetici e idrogeno. Dobbiamo immaginare un nuovo sistema di mobilità più sostenibile che, però, garantisca alle nostre imprese di continuare ad essere competitive e ai cittadini di muoversi liberamente sul territorio».

«La diversificazione dei carburanti è un obiettivo di buon senso – ha spiegato il Consigliere Segretario dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, Jacopo Scandella -. Tuttavia, gli enormi investimenti fatti dalle case automobilistiche sull’elettrico e le politiche dell’Unione europea non ci permettono di scommettere sul fallimento dell’elettrico. Dobbiamo restare agganciati a questo treno, non possiamo fare una battaglia di retroguardia. Le trasformazioni e le riconversioni costano fatica, ma oggi un cambiamento è necessario per garantire la competitività del settore e, nello stesso tempo, proseguire sulla strada della transizione ecologica».

L’assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha sottolineato come puntare solo sull’elettrico sia un «suicidio economico dell’Europa a vantaggio dei produttori cinesi. L’obiettivo deve essere quello di garantire la competitività del settore produttivo lombardo attraverso nuovi prodotti alternativi ai carburanti tradizionali e all’elettrico che rischia di rallentare la capacità di ricerca e innovazione dei singoli territori. Non siamo contrari all’elettrico, ma vogliamo una libertà d’azione senza cambiare gli obiettivi della transizione ecologica».

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