I dipendenti pubblici si ammalano di più dei privati, ma guariscono prima

Indagine sull’assenteismo della Cgia negli ultimi 7 anni. Forti differenze tra regioni.

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dipendenti pubblici

I dipendenti pubblici sono più cagionevoli dei colleghi che lavorano nelle imprese private. E’ una tendenza storica che trova una ulteriore conferma anche dalla lettura delle statistiche relative alle assenze per malattia degli ultimi 7 anni. In questo periodo, l’incidenza percentuale degli assenti per ragioni di salute sul totale dei lavoratori del comparto è quasi sempre stata superiore tra gli “statali” che tra i dipendenti del privato. Solo in due occasioni, nel III trimestre del 2021 e del 2022, la situazione si è capovolta.

Secondo l’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia basandosi su dati Inps, per entrambi i settori il picco minimo di assenze per malattia si verifica stabilmente durante i mesi estivi (luglio-settembre), mentre la soglia massima viene quasi sempre raggiunta in pieno inverno (gennaio-marzo).

Anche nei primi due trimestri del 2024, il differenziale tra i due settori è stato molto significativo. Se tra gennaio e marzo 2024 il 33% dei dipendenti pubblici è rimasto a casa almeno un giorno per malattia, tra i privati la quota è stata del 22%; nel II trimestre, invece, per i primi la soglia delle assenze è scesa al 26% e per i secondi al 18%.

In linea di massima, si può affermare con buona approssimazione che i lavoratori del pubblico impiego si ammalano più dei privati; ma i giorni medi di assenza dei primi sono leggermente inferiori ai secondi. Quando si lavora per lo Stato ci si ammala più frequentemente, anche se si registrano tempi di guarigione più veloci, in particolare nelle regioni del Sud. Supporre che dietro una breve malattia si nasconda un comportamento assenteista è molto suggestivo, ma difficilmente dimostrabile.

Dopo la crisi pandemica del 2020/2021, il numero dei licenziamenti nel pubblico impiego per assenze ingiustificate è tornato ad aumentare. Sebbene l’incidenza di coloro che vengono lasciati a casa per “infedeltà” sul totale dei lavoratori del pubblico impiego sia pari a un misero 0,01%, nel 2018 sono state licenziate 196 persone per assenze ingiustificate o falsa attestazione della presenza in servizio. Nel 2019 il numero è salito a 221, mentre nel 2020 e nel 2021 – anni caratterizzati dal Covid e da un largo impiego del lavoro da remoto – lo stesso è sceso rispettivamente a 188 e a 161. Nel 2022, infine, i licenziamenti sono tornati a crescere e hanno raggiunto quota 310 (+58,1% rispetto al 2018).

Le cose variano anche a livello regionale. Dall’analisi del numero di giorni di malattia registrato nel 2023, in Italia il dato medio è stato pari a 8,5; se nel settore pubblico si è attestato a 8,3, nel privato è stato leggermente superiore e pari a 8,6. In tutti i casi, comunque, rispetto al 2017 la situazione è in netto miglioramento: il dato medio nazionale, ad esempio, è sceso del 16%.dipendenti pubblici

Le differenze a livello regionale sono comunque molto marcate. La regione dove i lavoratori sono piùcagionevoli” è la Calabria, dove chi si è ammalato è rimasto a casa mediamente 15,3 giorni (9,6 giorni l’assenza dei dipendenti pubblici e ben 18,8 degli occupati nel privato). Praticamente il doppio di quanto registrato in Emilia Romagna e in Veneto, che, invece, hanno entrambe “cumulato7,8 giornate medie di malattia. Dopo la Calabria, i lavoratori più “malaticci” d’Italia sono quelli della Basilicata con 10,2 giornate medie di assenza. Seguono gli occupati della Valle d’Aosta con 9,7, quelli della Sardegna con 9,6 e quelli del Molise con 9,4. Il Friuli Venezia Giulia è a quota 9, mentre il Trentino Alto Adige e a 8 giornate.

Rispetto al 2017, in tutte le regioni il numero delle giornate medie di assenza per malattia è in calo, con punte del -20% proprio nel Mezzogiorno (addirittura -23% in Calabria)

 

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