Microbioma del cibo: una ricerca del Cibio svela quasi 11.000 batteri e funghi

Scoperta dei ricercatori dell’Università di Trento utile per la salute e la qualità degli alimenti.

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Microbioma del cibo
Nicola Segata del Cibio Università di Trento.

Svelato il microbioma del cibo che mangiamo: l’analisi di oltre 2.500 alimenti da 50 Paesi ha permesso di identificare quasi 11.000 tra batteri e funghi (metà dei quali appartenenti a specie finora sconosciute) che finiscono per comporre parte della flora intestinale umana.

La scoperta è pubblicata sulla rivista Cell da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal Dipartimento Cibio dell’Università di Trento, e potrà avere importanti risvolti non solo per la salute umana, ma anche per migliorare la conservazione degli alimenti e perfino per certificarne la provenienza.

«Questa è la più grande indagine sui microbi negli alimenti mai realizzata», afferma Nicola Segata, microbiologo computazionale dell’Università di Trento e dell’Istituto europeo di Oncologia (Ieo) di Milano. Tradizionalmente, i microbi presenti negli alimenti sono coltivati singolarmente in laboratorio, con un processo molto lento e non adatto a tutti i tipi di microrganismi.

Per caratterizzare il microbioma alimentare in modo più completo ed efficiente, il gruppo di ricerca ha invece sfruttato la metagenomica, un approccio che permette di sequenziare simultaneamente l’intero materiale genetico presente in un campione alimentare. Analizzando oltre 2.500 metagenomi, sono stati individuati 10.899 genomi di microbi associati agli alimenti, classificati in 1.036 specie batteriche e 108 specie fungine. Si è inoltre osservato che alimenti simili tendono a ospitare microbi simili, ma non identici, con una maggiore varietà tra i latticini.

«Una cosa sorprendente – ha detto Segata – è che alcuni microbi sono presenti con funzioni simili in alimenti molto diversi. Allo stesso tempo, abbiamo dimostrato che gli alimenti che provengono da una specifica struttura o azienda agricola presentano caratteristiche uniche. Questo potrebbe aiutare a determinare le specificità e le eccellenze di una singola zona di produzione. Potremmo addirittura usare la metagenomica per identificare gli alimenti provenienti da un determinato luogo e un determinato processo produttivo».

Dal confronto col microbioma umano, è emerso che le specie microbiche associate agli alimenti compongono circa il 3% del microbioma intestinale degli adulti e il 56% del microbioma intestinale dei bambini.

«Questo suggerisce che alcuni dei nostri microbi intestinali potrebbero essere acquisiti direttamente dal cibo, o che storicamente le popolazioni umane hanno ottenuto questi microbi dal cibo e poi questi microbi si sono adattati per diventare parte del microbioma umano – spiega Segata -. Potrebbe sembrare una piccola percentuale, ma quel 3% può essere estremamente rilevante per funzione e ruolo all’interno del nostro organismo. Con questo database possiamo iniziare a studiare su larga scala il modo in cui le proprietà microbiche degli alimenti influiscono sulla nostra salute».

 

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