Nell’Italia morsa dalla siccità, circa 2 miliardi di metri cubi d’acqua presenti nelle dighe non vengono sfruttati. E proprio la zona del meridione, quella più vessata dalla carenza d’acqua, ha i dati peggiori nell’attività di recupero dell’oro blu.
Secondo uno studio di Thea (The European House – Ambrosetti) la causa di questo spreco sarebbe dovuto alla mancanza di autorizzazioni per usare parte del volume d’acqua a disposizione. Dei 12 miliardi di metri cubi d’acqua contenuti negli invasi, 1,8 miliardi non vengono usati per l’assenza di permessi infrastrutturali e ambientali. Un’altra piccola parte (58 milioni di metri cubi) sono invece inutilizzati a causa della presenza di sedimenti non tempestivamente rimossi, cosa che compromette anche la capacità di accumulo degli invasi.
La situazione delle dighe è particolarmente critica al Sud. In Sicilia non viene sfruttato il 29% degli invasi (la media italiana è del 13,8%). Ancora peggiore la situazione nell’Appennino meridionale (inusato il 31,7%) e dell’Appennino centrale (qui il 29,6% dei volumi non viene sfruttato). L’unica zona a pieno regime è quella del bacino del fiume Po, che non fruisce solamente dell’1,9% del suo potenziale.
Il Commissario straordinario del governo per la siccità, Nicola Dell’Acqua, sottolinea l’urgenza di superare «diatribe locali e regionali» per sfruttare a pieno il volume dell’acqua nelle dighe. «L’unico strumento necessario per la pianificazione degli interventi – ha dichiarato – è quello del bilancio idrico che deve essere redatto a livello di distretto. I grandi nodi idraulici porteranno acqua da un punto “A” ad un punto “B” del Paese superando confini regionali e distrettuali. Secondo lo studio di Teha, quasi 600 milioni di metri cubi d’acqua potranno essere recuperati e utilizzati grazie al “Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico” (Pniissi) del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il piano, che prevede 10 miliardi di euro di investimenti, interverrà soprattutto nell’Autorità di Bacino dell’Appennino Meridionale – da cui si conta di recuperare 400 milioni di metri cubi d’acqua – e in Sicilia, per sfruttare 81 milioni.
Ma anche al Nord si deve intervenire con un programma articolato di manutenzione dei bacini esistenti per prevenire eventuali fenomini di siccità e, magari, realizzarne di nuovi anche nella duplice destinazione d’uso di come batterie energetiche dei picchi di produzione delle rinnovabili, mediante il pompaggio dell’acqua da un bacino inferiore ad uno superiore, facendo poi fluire l’acqua in senso inverso, previo passaggio in una turbina, per produrre energia quando la domanda non è soddisfatta dalle rinnovabili.
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