Orsa F36: le prove raccolte dai tecnici confermano l’ennesimo orsicidio in Trentino

Vitturi: «la Lav si oppone alla richiesta di archiviazione per la mancanza di prove inconfutabili a carico di 4 cacciatori. Necessario proseguire le indagini e punire i colpevoli». Compresi i loro fiancheggiatori.

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L’orsa F36 che a luglio 2023 aveva seguito due escursionisti e della quale due mesi dopo ne è stato rinvenuto il cadavere nel territorio del comune di Sella Giudicarie, è stata uccisa con un colpo di arma da fuoco. Questo è ciò che emerge dalla lettura dei contenuti della richiesta di archiviazione indirizzata al GIP di Trento da parte della Procura.

Di fatto, «si è davanti all’ennesimo, crudele orsicidio, figlio del clima d’odio costruito in Trentino dal presidente della Provincia Maurizio Fugatti, che in quel periodo era impegnato in una campagna elettorale fondata sulla ricerca del consenso attraverso la demonizzazione degli orsi – afferma Massimo Vitturi, responsabile Animali Selvatici della LAV -. Con le suesparate” che non hanno risparmiato nemmeno il progetto Life Ursus, secondo lui “fuori controllo”, anche se concluso ben vent’anni prima e con la richiesta di rimuovere 70 orsi dal territorio perché da lui consideratitroppi”. Una sequela di castronerie che però ha trovato terreno fertile nel tessuto sociale trentino, tanto da arrivare all’uccisione dell’orsa F36».

I consulenti che hanno eseguito la necroscopia sul corpo dell’orsa F36 nella loro relazione sono stati chiari: «shock ipovolemico conseguente a lesioni traumatiche agli organi vitali causate dal passaggio di un corpo metallico trasversalmente attraverso il torace dal lato destro a quello sinistro», a testimonianza che è stata uccisa da persone in grado di maneggiare un’arma da fuoco, visto che sono stati lesi proprio gli organi vitali.

Persone d’altro canto vigliacche, sia perché hanno usato un’arma da fuoco contro un essere indifeso, sia perché, come ben chiarito dalle ipotesi investigative, l’uccisione era stata posta «in essere senza alcuno stato di necessità come le evidenze della posizione dimostravano che l’animale non doveva trovarsi nella posizione di attacco».

Non solo: la perizia sul cadavere dell’orsa F36 ha evidenziato che chi si è macchiato dell’ennesimo orsicidio ha provveduto a rimuovere il bossolo e a tosare la parte di pelo interessata dall’entrata del proiettile per impedire l’estrazione delle tracce della polvere da sparo per rinvenire l’arma protagonista dell’ennesimo reato a danno di una fauna protetta e patrimonio indisponibile dello Stato.

Il ritrovamento del corpo senza vita dell’orsa F36 a poca distanza da un appostamento da caccia indirizzava subito le indagini verso quattro cacciatori, i cui cellulari e le denunce di uscita caccia confermavano la loro presenza in quella zona proprio il 24 settembre 2023, data della morte dell’orsa.

Nonostante i numerosi indizi a carico dei cacciatori, la Procura di Trento ha comunque deciso di chiedere l’archiviazione del caso, cui la Lav si opporrà. «È inaccettabile che nonostante i tanti elementi utili raccolti durante le indagini, i responsabili dell’uccisione dell’orsa F36 possano farla franca – dichiara Vitturi -. Con il nostro ufficio legale stiamo preparando l’atto di opposizione, il procedimento non deve essere archiviato, vogliamo che i responsabili paghino per questo ignobile atto di bracconaggio».

Per la Lav, se dovesse essere confermata la responsabilità dei cacciatori dell’uccisione dell’orsa F36, verrebbe ancora una volta dimostrata la piena contiguità tra il mondo della caccia e quello del bracconaggio, due mondi che considerano divertimento e passatempo la sofferenza e l’uccisione di esseri viventi indifesi. Magari pure con l’avvallo silenzioso di parte della politica trentina che vede solo nella riduzione della popolazione ursina a suon di pallettoni il rimedio ideale. Politici che andrebbero anch’essi inquisiti per i reati di favoreggiamento e di istigazione a delinquere.

 

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