Italia in ostaggio: il Frejus riaprirà in ritardo nel 2025

La chiusura della galleria ferroviaria per la frana in Savoia costa cara all’economia nazionale. Le pressioni della Commissione e degli eurodeputati italiani sulla Francia per accelerare il ripristino della linea interrotta.

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Italia in ostaggio
La frana sull galleria ferroviaria del Frejus.

Doccia fredda sulle speranze di una riapertura già nell’autunno del 2024 della linea ferroviaria del Frejus interrotta nel territorio francese per una gigantesca frana che aveva interessato marginalmente anche l’autostrada, ripristinata nel giro di qualche settimana, con l’Italia in ostaggio a tempo indeterminato sullo sbocco ad occidente attraverso le Alpi.

Ad aprile scorso, dalla cornice del G7 Trasporti a Milano, l’Europa era stata netta: «il Frejus riaprirà entro il 2024». Quattro mesi più tardi – e un anno dopo una frana di 20.000 metri cubi di roccia che ha ricoperto la storica galleria ferroviaria tra il Piemonte e la Savoia – la previsione dell’ormai ex commissaria Ue, Adina Valean, è invece ben lontana dall’essersi avverata.

I treni continueranno a non passare almeno fino alla primavera del 2025, tenendo l’Italia in ostaggio. All’altezza del comune francese di Saint-André, nella valle della Maurienne, la galleria è ancora ricoperta dai detriti. Le squadre di operai specializzati lavorano sette giorni su sette ad altezze superiori ai 200 metri, ma ristabilire la linea dopo la frana del 27 agosto 2023 è complesso a causa della ripidità e dell’instabilità della falesia. Si tratta di «un sito insolito», hanno spiegato le autorità della Savoia e la società ferroviaria francese Sncf, «in qualsiasi momento, rocce o massi potrebbero staccarsi e cadere sul terreno sottostante». Tanto varrebbe ricorrere ad esplosivi e favorire il distacco delle rocce instabili per poi procedere al consolidamento della parete con reti e iniezioni cementizie.

Dopo aver pazientato mesi, l’Italia è sempre più allarmata per le pesanti ricadute su turisti e operatori commerciali. A febbraio il gruppo Fs aveva stimato un conto da otto milioni di euro di perdite al mese: 5 per il comparto merci e 3 per quello passeggeri (Av).

Dopo un incontro tra il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, e il presidente dell’Unione Industriali Torino, Marco Gay, a cui si è collegato anche il vicepremier Antonio Tajani, nei giorni scorsi gli eurodeputati italiani – da FdI alla Lega, da Forza Italia al Pd – si sono rivolti a Bruxelles in modo compatto. Anche se non è mancato, sul fronte interno, uno scambio di accuse tra l’eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran, e il viceministro al Mit, il leghista Edoardo Rixi. Alla ministeriale G7 a Milano la titolare dei trasporti Ue – alleata di Roma nel contenzioso sui blocchi ai Tir imposti da Vienna al Brennero – aveva assicurato la riapertura entro il 2024 della linea fondamentale anche per le reti trans-europee di trasporto (Ten-T) e il collegamento tra Est e Ovest del mercato interno. E già a gennaio, in risposta a un’interrogazione di Fratelli d’Italia, la stessa Valean aveva evidenziato «le difficoltà» che la chiusura «comporta per gli scambi tra Italia e Francia» e gli effetti «significativi» per turisti e merci.

Dopo il nuovo rinvio francese, a luglio la politica rumena ha rassegnato le dimissioni. Al suo posto, in attesa della nuova squadra di Ursula von der Leyen, c’è ad interim l’olandese Wopke Hoekstra, responsabile per il Clima in seno all’esecutivo Ue: sarà lui a dover offrire risposte. Le prime parole arrivate da un portavoce dell’esecutivo Ue restano comunque fedeli alla linea, riconoscendo le «sfide poste dalla chiusura». E lo sguardo di Bruxelles si allarga anche al futuro, sottolineando «l’importanza di una solida rete di trasporto transeuropea» per non ostacolare la circolazione tra i paesi dell’Unione e ricordando le recenti migliorie introdotte per tutelare le linee da interruzioni causate da disastri naturali o incidenti. Ora il lavoro è sulle spalle dei tecnici francesi, nell’attesa che l’alta velocità Torino-Lione sia completata nel 2032.

Ancora una volta, il problema è che nei traffici di importazione e esportazione delle merci l’Italia è ostaggio dei paesi confinanti, ora la Francia, ora la Svizzera – anche se negli ultimi anni molto meno -, ora l’Austria, contro i cui divieti sull’asse del Brennero l’Italia ha avviato la procedura d’infrazione alla Corte di giustizia europea. Una situazione che rischia di essere esplosiva, almeno nel breve termine, in attesa che le nuove linee ferroviarie di trasporto ad alta capacità siano completate attorno al 2032.

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