Stabilimenti balneari in crescita a quota 7.200 con la Romagna leader

Secondo lo studio di Unioncamere, per densità di stabilimenti per chilometro in testa è la Toscana. Il problema delle concessioni con la protesta della Fiba.

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Stabilimenti balneari concessioni balneari

Nonostante secondo gli operatori di settore piangano lacrime da coccodrillo circa la redditività delle concessioni balneari, anche nella stagione 2024, come negli anni precedenti, gli stabilimenti balneari sulle coste italiane diventano ogni anno più numerosi, mettendo a segno dal 2011 una crescita complessiva del 26,4% pari a più del 2% l’anno.

La riviera romagnola si conferma al vertice dell’offerta per numero di realtà, segnalando ormai una saturazione delle possibilità di accoglienza. A crescere sono un po’ tutte le altre coste dello stivale con la Calabria in testa (+358 imprese nel periodo) seguita dalla Campania (+188) e dalla Sicilia (+180).

Secondo i dati dell’indagine UnioncamereInfoCamere, basata sul Registro delle Imprese delle Camere di commercio, al termine del 2023 sono 7.244 le imprese registrate nel settore della gestione di stabilimenti balneari, contro le 7.173 del dicembre 2021 (+1%). La costa romagnola è quella che ospita il maggior numero di imprese balneari: 1.052 realtà che, insieme, rappresentano il 14,5% del totale nazionale. Ravenna (186), Rimini (154) e Cervia (150) guidano la classifica per numerosità. Questi comuni, insieme a Riccione e Cesenatico, formano un quintetto d’oro che contribuisce a rendere la Romagna il cuore pulsante delle coste italiane, grazie alla vivacità e varietà dell’offerta.

La Toscana e seconda con poco distacco in termini assoluti e, con Camaiore, presidia saldamente la classifica della densità di imprese per chilometro di costa: ben 92 affollano i 3 km di litorale del comune toscano, pari a una media di 30 attività per chilometro. Al secondo posto c’è Pietrasanta, altra perla del litorale tirrenico, con una densità di 22,3 imprese per chilometro.

A chiudere il podio delle regioni con il maggior numero di imprese balneari c’è la Liguria (797), meta storica del turismo estivo per i residenti del Nord, ma apprezzata anche da tanti altri visitatori, italiani e stranieri.

Secondo i dati Unioncamere se dai numeri assoluti si passa ad osservare la dinamica della crescita, i dodici anni trascorsi mettono in evidenza il forte dinamismo delle regioni del Sud. Dal 2011 a oggi la Sardegna ha triplicato le imprese balneari e brilla con una crescita eccezionale del 190%, mentre la Calabria ha visto più che raddoppiare le attività balneari con sede legale nel suo territorio, con un aumento del 110,4% nel periodo. Anche Sicilia (+75,4%), Puglia (+52,5%) e Campania (+36,9%) hanno conosciuto una fioritura di imprese che contribuiscono a rendere il Sud un polo sempre più attrattivo per i turisti di tutto il mondo.

Le imprese balneari italiane sono spesso a conduzione familiare. Le società di persone rappresentano il 42% delle imprese, mentre le società di capitale sono in crescita (31%), indicando un settore sempre più professionalizzato e pronto ad affrontare le sfide del futuro.

Mentre il numero degli stabilimenti cresce, nonostante le denunce di scarsa redditività – probabilmente solo agli occhi del Fisco da parte dei titolari delle concessioni balneari – il 9 agosto prossimo si svolgerà una serrata degli operatori della Fiba che si concretizzerà con una ritardata apertura degli ombrelloni.

«È doveroso dare un segnale, e noi lo diamo in senso propositivo. La nostra azione non è un attacco, ma un appello affinché il governo intervenga per evitare lo stato di confusione che si sta generando nel comparto balneare italiano e, ancora di più, nelle famiglie e nelle imprese che hanno investito e creduto in un regime legislativo che riconosceva dei diritti che oggi non ci sono più» scrive in una nota Maurizio Rustignoli, presidente nazionale di Fiba Confesercenti, annunciando la mobilitazione degli stabilimenti balneari.

Ma sarebbe anche ora che la politica tutta andasse oltre e, oltre a rispettare le normative europee circa le gare, iniziasse a mettere effettivamente a reddito il patrimonio nazionale delle spiagge realmente fruibili – escluse quelle inquinate da fogne o da coste a picco irraggiungibili via terra come invece propongono tutti i partiti della maggioranza del governo Meloni –, facendo rispettare anche l’accessibilità al mare anche da parte di tutti i turisti compresi quelli che non riescono ad affrontare il carissimo ombrellone dell’estate 2024.

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