Reddito di cittadinanza: la Corte di giustizia Ue boccia i 10 anni di residenza

Potenziale buco nei conti dell’Inps – e dello Stato – fino a 3 miliardi di euro. Le vecchie regole discriminano. Quelle nuove sono scese a 5 anni.

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reddito di cittadinanza

La Corte di giustizia Ue boccia l’Italia sui vincoli previsti per gli immigrati per avere accesso al “vecchioreddito di cittadinanza e li giudica una «discriminazione indiretta». Il Paese, affermano i giudici a Lussemburgo, non poteva chiedere ai soggiornanti di lungo periodo di avere una residenza in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due con continuità, perché le relative norme Ue prevedono un periodo di cinque anni. E ora, aggiungono nella sentenza, non può nemmeno esserci una condanna penale per falsa attestazione sulla residenza di dieci anni.

La Corte di giustizia Ue si è pronunciata su richiesta del Tribunale di Napoli, chiamato ad esprimersi su due cittadine di Paesi terzi che avrebbero attestato falsamente di soddisfare i requisiti di residenza percependo quindi indebitamente il reddito di cittadinanza (3.414 euro l’una e 3.187 euro l’altra). I giudici a Lussemburgo si sono espressi più in generale sui requisiti chiesti ai soggiornanti di lungo periodo per avere prestazioni sociali, assistenza sociale o altre protezioni sociali.

Da inizio 2024, il reddito di cittadinanza è stato sostituito dall’assegno di inclusione, che già fissa a cinque anni il requisito minimo di residenza. Fissando un minimo di dieci anni di residenza per accedere al reddito di cittadinanza, afferma la sentenza, «la differenza di trattamento tra i cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo» e i cittadini italiani «costituisce una discriminazione indiretta», perché il criterio «incide principalmente sui cittadini stranieri» extracomunitari. I cinque anni, notano i giudici, sono stati ritenuti dal legislatore dell’Unione un «periodo sufficiente» perché i soggiornanti di lungo periodo abbiano parità di trattamento con i cittadini di uno Stato Ue su prestazioni sociali, assistenza sociale e protezione sociale.

A febbraio 2023 la Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione verso l’Italia sul reddito di cittadinanza parlando già di «discriminazione indiretta» sul requisito di residenza a dieci anni sottolineando come sia più probabile che i cittadini italiani non soddisfino questo criterio. Il caso era stato poi chiuso a fine aprile 2024.

Tra aprile 2019 e dicembre 2023 hanno percepito il reddito o la pensione di cittadinanza circa 2,4 milioni di nuclei familiari e 5,3 milioni di persone (circa un terzo per l’intero periodo), per una spesa pubblica superiore ai 34 miliardi, secondo il consuntivo pubblicato a giugno 2024 nella relazione del ministero del Lavoro. Quanto all’assegno di inclusione, a maggio risultavano 624.712 famiglie attivate con l’Adi, per 617 euro medi a nucleo e oltre 1,5 milioni di persone coinvolte. Nei primi sei mesi i nuclei con domanda accolta sono stati 697.640.

La sentenza della Corte di giustizia europea rischia di aprire l’ennesimo buco nei già sufficientemente scassati conti pubblici della Repubblica italiana, con un costo che potrebbe arrivare fino a 3.088 milioni di euro, secondo una valutazione preliminare dell’Inps chiamato a gestire la mancetta grillina, mentre se si limita il provvedimento alle 106.000 famiglie che si sono viste respingere la domanda per carenza del limite temporale di residenza l’esborso potrebbe calare a “soli” 850 milioni di euro.

Prima di mettere mano alla cassa, tocca alla Corte costituzionale definire nel dettaglio i requisiti per l’accesso a posteriori di un beneficio ormai cancellato che ha causato più danni che benefici.

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