Retribuzioni stellari per i vertici aziendali nel 2023

Le politiche di remunerazione con azioni sulla base dei risultati conseguiti moltiplicano fino a 10 volte gli stipendi base. Spesso risultati conseguiti senza sforzo come per le banche grazie al caro tassi Bce.

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Retribuzioni stellari

Il 2023 è stato un anno d’oro per i bilanci di molte aziende e, soprattutto, per i relativi vertici aziendali che si sono visti riconoscere retribuzioni stellari, stragonfiate grazie al meccanismo di remunerazione previsto che comprende una base fissa – spesso oltre il milione di euro – più una quota variabile sulla base dei risultati conseguiti dall’azienda in termini di fatturato o di quotazione dei titoli azionari.

Di fatto molti vertici hanno incassato retribuzioni stellari, spesso senza reale merito perché, soprattutto nel caso delle banche e delle realtà finanziarie, gran parte del boom degli utili e dei premi riconosciuti ai vertici aziendali è stato determinato da decisioni degli organismi regolatori dei mercati finanziari, come la Banca centrale europea. Di fatto gli utili stratosferici delle banche sono stati conseguitia fermo”, senza alcun impegno particolare o strategia innovativa da parte degli istituti creditizi. Che spesso si sono comportati da autentici ingordi nei confronti dei loro clienti, ricompensati con servizi sempre più cari e remunerazioni a strozzo dei depositi liquidi, tanto che molti risparmiatori stanno scappando in favore dei titoli di stato decisamente più generosi quanto a retribuzione del risparmio dei cittadini.

Molti i casi di retribuzioni stellari tra i vertici aziendali, pure dei gruppi posseduti dallo Stato, come l’Eni, il cui amministratore delegato, Claudio Descalzi, che dal 2014 guida il gruppo energetico nazionale giunto al quarto mandato consecutivo con la conferma da parte del governo Meloni, nel 2023 ha guadagnato ben 10,42 milioni di euro al lordo delle tasse. Una retribuzione che impallidisce rispetto a quella dell’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, che nel 2023 ha guadagnato 23,47 milioni.

Tornando ai redditi di Descalzi, a gonfiare la sua busta paga, oltre alla quota fissa da b milioni, si è aggiunta una quota variabile legata ai risultati pari a 4,51 milioni, ma il grosso degli emolumenti è costituito dall’assegnazione di azioni gratuite sulla base dei risultati conseguiti dal gruppo su un arco temporale pluriennale che fotografa anche l’andamento delle quotazioni dell’azione della società. Eni ha erogato al suo amministratore delegato 280.753 azioni per un controvalore di 4,29 milioni di euro. Sempre all’interno di Eni, anche altri dirigenti del gruppo hanno avuto consistenti incrementi di reddito rispetto alla quota base grazie all’assegnazione di azioni gratuite.

Altra busta paga da record è stata quella di Stefano Donnarumma, ex boss di Tebrna, l’azienda pubblica che si occupa del dispacciamento e distribuzione dell’energia elettrica ora traghettato dal governo Meloni al vertice delle Ferrovie dello Stato. Dopo tre anni al vertice di Terna, Donnarumma se ne è uscito con un incasso di 6,59 milioni grazie alla buonuscita di 4,67 milioni, e alle azioni gratuite per un valore di 1,61 milioni. Nel 2022 Donnarumma aveva guadagnato 3,74 milioni. Giuseppina Di Foggia, succeduta al vertice di Terna, in otto mesi (si è insediata a maggio dopo l’uscita di Donnarumma) ha guadagnato 1,33milioni.

Altro ”ex” d’oro è Francesco Starace, già amministratore delegato di Enel che ha lasciato il 10 maggio 2023, con un guadagno di 6,3 milioni, praticamente il doppio dell’anno precedente, anche grazie all’incasso della liquidazione di fine mandato e buonuscita, pari a 4,96 milioni. Il successore, Flavio Cattaneo, ha guadagnato 2,3 milioni di euro in otto mesi.

Retribuzioni stellari anche per i vertici delle banche. Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, ha incassato nel 2023 9,75 milioni (+22,8% rispetto ai 7,94 milioni del 2022), partendo da una paga base di 3,25 milioni di euro, gonfiata grazie a 6,5 milioni di bonus vari. Staccatissimo Carlo Messina: l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo si è dovuto accontentare di quasi la metà, a 5,96 milioni, ed è tra i pochi mega boss che hanno avuto redditi in calo rispetto ai 6,083 milioni del 2022.

Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Banco Bpm, invece ha festeggiato il raddoppio del suo stipendio, passato da 3,04 a 6 milioni di euro superando pure Messina, con il grosso della sua busta paga che arriva anche per lui dall’assegnazione di azioni gratuite (4,05 milioni).

Non va peggio per altri vertici bancari: Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, nel 2023 ha guadagnato 5,48 milioni, 520.000 euro in più del 2022 anche grazie a 1,19 milioni di azioni gratuite. Il direttore generale di Mediobanca, Francesco Saverio Vinci, è passato da 3,95 a 4,62 milioni.

Ad Alessandro Foti, amministratore delegato e direttore generale di Fineco, l’oscar dell’incremento, con una busta paga più che raddoppiata (+117%) in un solo anno, passato da 1,99 a 4,3 milioni di euro, grazie all’assegnazione di azioni gratuite per 2,9 milioni.

La domanda che si si pone sempre più spesso è la seguente: ha ancora un valore economico e sociale una forbice così ampia, che si allarga sempre di più tra le retribuzioni dei vertici aziendali che inanellano rialzi anno su anno e quelle dei dipendentiordinari” che guadagnano, quando va bene, tra i 1.500-2.000 euro netti al mese? Per tutti costoro, che devono fare i conti con un potere d’acquisto reale negativo, il loro contributo al successo dell’azienda non viene mai sufficientemente riconosciuto.

 

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