Anche nel 2024 il motore economico dell’Italia è situato a NordEst, poggiando sul triangolo composto da Lombardia, Emilia Romagna e Veneto: questi sono i territori che traineranno il Pil reale nazionale che, stando ai principali istituti di statistica, dovrebbe attestarsi attorno al +0,7%, contro il +0,1% della Germania, il +0,7% della Francia e il +2,1% della Spagna.
Le previsioni di crescita elaborate dall’Ufficio studi della CGIA su dati Prometeia dicono che in Lombardia la stima di crescita per il 2024 dovrebbe essere dello 0,95%, in Emilia Romagna dello 0,86% e in Veneto dello 0,80%. Tra le due regioni del Nordest, comunque, si inserirebbe la Valle d’Aosta con un aumento della ricchezza dello 0,81%, un risultato senz’altro positivo, ma con un impatto sull’economia nazionale contenutissimo, visto che la provincia valdostana ha un Pil in valore assoluto molto modesto e conta solo 123.000 abitanti. Con un Trentino Alto Adige che si piazza al quinto posto con una crescita dello 0,72% a parimerito con la Toscana. Staccato in nona posizione il Friuli Venezia Giulia con un +0.67%.
Messe assieme, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna il motore economico dell’Italia produce il 41% del Pil nazionale, il 53% circa delle esportazioni italiane e vi risiedono oltre 19 milioni di persone, il 33% dell’intera popolazione italiana.
Se le altre regioni del CentroNord cresceranno tutte con incrementi che vanno dallo 0,5% in su, per contro le realtà geografiche del Mezzogiorno segneranno una variazione di crescita, sebbene sempre anticipata dal segno più, ma di modesta entità. Ad eccezione della Campania che dovrebbe aumentare il proprio Pil reale dello 0,57%, le previsioni della Sardegna sono pari al +0,49%, per la Sicilia al +0,46%, per la Basilicata al +0,37%, per la Puglia al +0,36%, per l’Abruzzo e per la Calabria al +0,23% e per il Molise al +0,22%. E’ vero che le distanze tra le regioni sono “millimetriche”, tuttavia la spaccatura tra Nord e Sud, anche in termini di aumento del Pil reale per il 2024 è molto evidente.
Se si misura la variazione del Pil reale tra il 2024 e il 2019 (anno pre pandemico), quasi tutte le regioni hanno recuperato abbondantemente il terreno perduto, in particolare nel 2020 che ha costretto tantissime attività economiche a chiudere e buona parte degli italiani a rimanere in casa. Se da questo confronto la Lombardia può contare su un Pil del 6,65% superiore al dato conseguito nel 2019, la Puglia ha registrato uno straordinario +6,18% e l’Emilia Romagna +5,62%. Bene anche le altre tre regioni del NordEst, motore economico dell’Italia: se il Trentino Alto Adige può contare su una variazione del +4,98%, il Friuli Venezia Giulia del +4,77% e il Veneto del +4,60%. Le uniche realtà che, invece, non sono ancora ritornate ai livelli pre-Covid sono l’Abruzzo con il -0,23% e l’Umbria con il -0,26%.
Allargando lo sguardo dall’Italia all’Europa, secondo un’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi CGIA su dati pubblicati recentemente dall’Eurostat e riferiti al 2022, emerge che nella classifica del Pil pro capite a parità di potere d’acquisto delle 240 regioni presenti nell’Unione Europea, la regione più ricca è l’irlandese Southern con un importo pari a 101.200 euro. Seguono Luxembourg con 90.900 euro e l’irlandese Eastern and Midland con 87.600 euro. L’Alto Adige è il primo territorio italiano che nella graduatoria generale si colloca, però, al 13° posto con 56.900 euro. Seguono, decisamente staccati, il Trentino al 33° posto con 46.100 euro, la Lombardia al 34° posto con 46.000 euro e la Valle d’Aosta al 35° posto con 45.700 euro. Posizioni ancora più basse per le regioni del Mezzogiorno sono concentrate nella parte bassa della classifica. La Puglia, ad esempio, è al 200° posto con un Pil pro capite di 22.900 euro, la Campania è al 205° posto con 22.200 euro, la Sicilia al 211° con 21.000 euro e, infine, la Calabria è al 215° posto con 20.300 euro. Fanalino di coda in Ue è la regione bulgara di Severozapaden con soli 14.100 euro.
Rispetto al 2019 (anno pre Covid), nella graduatoria europea del Pil pro capite tutte le regioni del Nord Italia (ad eccezione del Piemonte che è sceso di tre posizioni) o non hanno perso terreno (il Veneto) o hanno migliorato la posizione che occupavano prima della crisi pandemica (tutte le altre). Diversamente, le regioni meridionali, ad eccezione del Molise e della Basilicata, sono scivolate ulteriormente verso il fondo della classifica generale, in particolare la Calabria, la Campania e la Sicilia che hanno perso rispettivamente quattro, cinque e sei posizioni a livello europeo.
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