Il mercato dell’auto europeo conferma la propria debolezza anche a giugno anche a causa dell’incertezza sul futuro dell’auto elettrica e delle decisioni politiche sul settore. Le immatricolazioni tornano a presentare un leggero segno positivo: a giugno in Europa, paesi Efta e Regno Unito – secondo i dati dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei – sono state 1.310.989 auto, il 3,6% in più dello stesso mese del 2023. Il totale del semestre sale così a quota 6.879.438, con un incremento del 4,4% sull’analogo periodo dell’anno scorso, ma ancora in calo di ben il 18,4% rispetto al periodo precedente alla pandemia.
A giugno le auto elettriche a batteria rappresentano il 14,4% del mercato dell’Ue, in calo rispetto al 15,1% dell’anno precedente. Allo stesso tempo i veicoli ibridi-elettrici hanno aumentato la loro quota di mercato, passando dal 24,4% al 29,5%. La quota complessiva di auto a benzina e diesel è scesa al 47,1%, in calo rispetto al 49,6%.
«Cominciano a serpeggiare dubbi – sostiene il presidente del Centro Studi Promotor, Gian Primo Quagliano – sul futuro dell’auto elettrica e appare quindi necessario e urgente che l’Unione Europea, con i suoi nuovi organi istituzionali, dica una parola chiara e definitiva sulla politica che intende condurre in materia di mobilità sostenibile».
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Anche per l’Unrae «occorrono indicazioni chiare sulle politiche ambientali e doganali della Ue, che influenzano profondamente strategie industriali e investimenti delle case automobilistiche, in un contesto di transizione complesso dove operatori e clienti hanno più che mai bisogno di certezze».
Ma la rieletta presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen si è premurata di aumentare le incertezze sul mercato dell’auto europeo visto che per conquistare i 53 voti dei Verdi indispensabili per la sua elezione, si è rimangiata le promesse di annacquare se non di abolire il divieto di vendita al 2035 dei veicoli con motore termico, promettendo ai Verdi di mantenerlo e di accelerare sul cammino di decarbonizzazione della manifattura europea.
Con scorno dei Liberali tedeschi, partner di governo della coalizione semaforo guidata da Olaf Scholz. Christian Dürr, capogruppo parlamentare dell’Fdp, ha chiesto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di bloccare il previsto divieto dei motori a combustione interna in Europa. Durante la campagna elettorale per la Cdu, von der Leyen aveva promesso che tale divieto sarebbe stato rivisto, ha detto Dürr in un’intervista ai quotidiani del gruppo Funke. Ora i Liberali chiedono che la nuova-vecchia presidente sia conseguente e che la cancellazione del progetto di divieto venga inclusa nel programma della nuova Commissione e attuata entro i primi 100 giorni.
«Qualsiasi altra decisione sarebbe una truffa elettorale» ha aggiunto Dürr evidenziando come «le auto a combustione potrebbero già essere rifornite con carburanti a basso tenore di carbonio e viaggiare in modo neutro dal punto di vista climatico. Al contrario un divieto metterebbe a rischio il futuro dell’industria automobilistica tedesca».
Di fatto, il mercato dell’auto europeo vede crescere i modelli elettrici quando è sostenuto da ricchi incentivi, ma non mantiene poi le posizioni acquisite quando gli incentivi finiscono. Per quello che riguarda l’Italia la quota dell’elettrico è stata particolarmente bassa fino all’entrata in vigore degli ultimi incentivi (3 giugno), ma con questi incentivi in giugno è raddoppiata passando dal 4,4% del giugno 2023 all’8,4% del giugno 2024. Il problema è però che cosa succederà quando gli effetti finiscono, con conseguente rallentamento generalizzato del settore elettrico.
E’ probabile che Ursula von der Leyen interpreti nelle prossime settimane una delle sue tante giravolte politiche incassata la rielezione per non scontentare ampie fette del Ppe – dove hanno colpito molti dei franchi tiratori, specie dopo la condanna per la mancata trasparenza sugli acquisti dei vaccini da parte della Corte di giustizia europea a carico della Commissione – facendo finta di niente di fronte alle promesse fatte ai Verdi per evitare il tracollo di larga parte dell’industria automobilistica europea, in gran parte tedesca.
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