Commissione europea: Ursula von der Leyen si gioca il tutto per tutto

La sua rielezione non è affatto scontata, specie alla luca della sentenza della Corte di giustizia Ue che ha condannato il comportamento della Commissione nella gestione dei vaccini Covid.

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Oggi scatta il giorno più lungo per Ursula von der Leyen, con trattative sempre più frenetiche per mettere assieme una maggioranza elettorale brancaleone per centrare la sua rielezione alla guida della Commissione europea.

Sulla carta, la sua maggioranza formata da Popolari, Socialisti e Liberali avrebbe i numeri con circa 400 voti rispetto ai 361 necessari per l’elezione, ma c’è il fortissimo rischio dei franchi tiratori, specie tra le fila del suo Ppe, circa il 15-20% dei 188 popolari eletti, cui si possono aggiungerne altri anche tra i 136 Socialisti e i 77 Liberali.

Proprio per questo, von der Leyen ha speso gli ultimi giorni prima del voto a scrutinio segreto con votazione su scheda scritta del 18 luglio alle ore 13.00 per raccattare altri sostegni, partendo dai 53 esponenti dei Verdi, che a seguito delle riassicurazioni sul proseguimento del “Green Dealpotrebbero concedere il loro favore alla rielezione del presidente uscente. Ma per 53 voti ambientalisti incassati, ne potrebbe perdere altrettanti se non molti di più specie tra i Popolari che hanno già detto chiaramente che la nuova Commissione dovrà rivedere profondamente i dettami ideologici del “Green Deal”, a partire dal divieto di vendita al 2035 di veicoli con motore termico e alle regole delle emissioni carboniche sulla manifattura continentale e sulle importazioni di materie prime.

Comunque la si giri, la quadratura del cerchio per la rielezione di von der Leyen è decisamente complicata, anche perché sull’allargamento della maggioranza ai Conservatori dell’Ecr c’è il veto dei Socialisti e del Pd italiano in particolare.

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Poi, a complicare lo scenario oggi si è aggiunta la sentenza della Corte di giustizia europea che ha accolto il ricorso di vari cittadini ed eurodeputati contro il rifiuto alla richiesta presentata nel 2021 di avere accesso ai documenti relativi ai contratti per l’acquisto di vaccini contro il Covid 19, stipulati tra la Commissione Ue guidata da von der Leyen e diverse aziende farmaceutiche tra cui la Pfizer.

L’esecutivo comunitario, afferma la Corte, non ha concesso al pubblico un accesso sufficientemente ampio ai contratti e l’infrazione riguarda in particolare le clausole di indennizzo e le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini.

Il tribunale ricorda che nel 2020 e nel 2021 sono stati stipulati tra la Commissione e alcune imprese farmaceutiche contratti di acquisto di vaccini contro il Covid-19: circa 2,7 miliardi di euro sono stati rapidamente resi disponibili per effettuare un ordine fermo di oltre un miliardo di dosi di vaccino. Nel 2021 alcuni deputati europei e diversi privati avevano chiesto di vedere i documenti, ma l’esecutivo comunitario aveva concesso solo un accesso parziale ai documenti, mettendoli in rete in versioni oscurate. Ora il Tribunale ha accolto parzialmente i ricorsi annullando nello specifico alcune parti della decisione dell’esecutivo comunitario.

Sugli indennizzi per il Tribunale il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto e la sua responsabilità non può essere soppressa o limitata da clausole, ma nulla vieta di potergli rimborsare eventuali risarcimenti: La Corte ricorda che tali indennizzi erano previsti per compensare i rischi per le imprese farmaceutiche legati all’abbreviazione del termine di messa a punto dei vaccini, avallati dagli Stati membri e di dominio pubblico.

Secondo il Tribunale però la Commissione non ha dimostrato che un accesso più ampio a tali clausole avrebbe effettivamente arrecato pregiudizio agli interessi commerciali delle aziende. E non ha dato spiegazioni per capire in che modo l’accesso alle definizioni di “dolo” e di “ogni ragionevole sforzo” nei contratti avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio a tali interessi commerciali.

Quanto alla tutela della vita privata delle persone per negare parzialmente l’accesso alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini, per il Tribunale è stato debitamente dimostrato che la divulgazione dei dati personali servisse per l’interesse pubblico.

Nella sua replica, la Commissione europea riferisce di prendere atto delle sentenze nelle due cause riguardanti l’accesso ai contratti relativi ai vaccini anti-Covid e alle informazioni correlate.

Secondo i ricorrenti, la Commissione Europea, nella causa intentata da Fabien Courtois e altri cittadini contro gli estesi omissis apposti dall’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen ai contratti di acquisto dei vaccini anti Covid siglati con diverse case farmaceutiche nel 2020-2021, ha perso, per quanto riguarda la parteessenziale” del procedimento, condannando la Commissione von der Leyen, come nell’altra causa intentata da eurodeputati, al pagamento delle spese processuali.

Ma non c’è solo la questione dei vaccini a pesare sulle ambizioni di rielezione di von der Leyen: c’è anche un’eccessiva disinvoltura politica nel passare da una posizione all’altra a seconda delle sue convenienze del momento, come nel caso del “Green Deal” subito depotenziato a seguito delle proteste del mondo agricolo o dello scenario di elettrificazione della mobilità degli europei, difficilmente realizzabile senza il contributo delle auto elettriche prodotte in Cina, decisamente meno care di quelle europee, ma stoppate dal ricorso ai dazi fino al 48% per cercare di tutelare una produzione europea già incrinata da un’invasione del prodotto auto cinese che in soli due anni ha conquistato il 25% del mercato europeo.

In definitiva, così come Ursula von der Leyen ha fatto danni da ministro alla famiglia e alla difesa del governo tedesco sotto l’ala protettrice di AngelaMuttiMerkel, lo stesso ha fatto alla guida della Commissione europea, dimostrandosi di essere la persona sbagliata nel posto sbagliato. Molto strano che il Ppe non sia stato in grado di proporre un candidato più autorevole e capace.

 

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