La giunta Brugnaro di Venezia indagata per una speculazione immobiliare

La Procura di Venezia contesta al sindaco Luigi Brugnaro accusato di concorso in corruzione assieme al capo di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Arrestato l'assessore comunale alla Mobilità, Renato Boraso.

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Storiaccia di presunta speculazione immobiliare a Venezia su un’area ex industriale che la Procura del Tribunale di Venezia contesta a parte della giunta comunale di Venezia e dei collaboratori del sindaco Luigi Brugnaro, che ha visto l’arresto dell’assessore alla mobilità, Renato Boraso.

Secondo quanto si legge nel decreto di perquisizione a Derek Donadini, vice capo di gabinetto del sindaco di Venezia, Brugnaro, Ceron e Donadini «concordavano con Ching (imprenditore della società che puntava a rilevare l’area de “I Pili” – ndr) il versamento di un prezzo di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo all’interno dell’ente comunale, il raddoppio dell’indice di edificabilità sui terreni in questione e l’adozione di tutte le varianti urbanistiche che si sarebbero rese necessarie per l’approvazione del progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale della volumetria di 348.000 mq che sarebbe stato approntato e presentato do una società di Ching».

Secondo l’accusa della Procura, avrebbero concordato con l’imprenditore Chiat Kwong Ching la vendita di «41 ettari di terreno denominatoI Pili” con il versamento di un prezzo di 85 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo all’interno dell’Ente comunale, il progetto edilizio».

Il sindaco Luigi Brugnaro è accusato dalla Procura di concorso in corruzione assieme al capo di gabinetto Morris Ceron e al suo vice Derek Donadini. Il capo di imputazione è citato in un decreto di perquisizione a carico di Donadini, dove si afferma che tra il luglio e l’agosto del 2016 gli indagati «richiedevano e concordavano, in particolare, con Ching la maggior somma di 70 milioni di euro come sovrapprezzo – scrive la Procura – che remunerava la promessa di adozione dei provvedimenti edilizi e urbanistici che avrebbero consentito un intervento edilizio pure residenziale e commerciale e avrebbero grandemente elevato il valore dell’area rispetto al prezzo a cui i terreni erano stati acquistati nel 2006 (5 milioni di euro), al valore cui erano stati appostati nello stato patrimoniale 2018 della società proprietaria (15 milioni di euro) ed il loro reale valore intrinseco derivante dall’essere un’area industriale inquinata» che richiedeva «una profonda bonifica e avente una preclusione all’utilizzo residenziale e commerciale».

Brugnaro, Ceron e Donadini, secondo quanto contenuto nel decreto di perquisizione a Donadini, «concordavano con Ching e Luis Lotti (rappresentante in Italia di Ching – ndr) la cessione dell’immobile comunale Palazzo Poerio Papadopoli al prezzo di oltre 10 milioni di euro, inferiore al valore di 14 milioni, attraverso l’esercizio dei loro poteri amministrativi volti alla riduzione del suo valore di stima e ciò al fine di facilitare le trattative con Ching e Lotti per la cessione dei terreni di proprietà del Brugnaro, denominatiI Pili”. La riduzione del valore dell’immobile è avvenuta effettivamente, attraverso il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere da Brugnaro, da Ceron e Donadini, che agivano per conto del primo. In forza di tale riduzione di valore, l’immobile veniva provvisoriamente aggiudicato dalla commissione di gara, alla società Fortune Oxley srl di Ching al prezzo di 10 milioni e 800mila euro e quindi definitivamente aggiudicato stipulando infine il contratto di compravendita».

Gli accertamenti riguardano il blind trust che gestisce il patrimonio di Brugnaro. L’area de “I Pili”, posta all’imbocco del ponte translagunare Mestre-Venezia, è una zona di laguna fortemente inquinata dalle lavorazioni di Marghera che fu acquistata da Brugnaro (all’epoca non ancora in politica) nel 2006, per circa 5 milioni di euro. Fu il solo partecipante all’asta del Demanio. Successivamente però, con Brugnaro già sindaco, la zona de “I Pili” è tornata al centro dell’attenzione perché individuata nel nuovo Piano comunale urbano di Mobilità Sostenibile come potenziale insediamento di un terminal intermodale e del nuovo palazzetto dello sport.

Progetti che ne hanno aumentato esponenzialmente il valore. La società è ora controllata da “Porta di Venezia”, che fa sempre capo a Brugnaro, ma che, assieme a tutte le altre aziende e partecipazioni del sindaco (dalla Umana, alla squadra di basket del Reyer), è in mano dal 2017 ad un blind trust di diritto newyorkese cui l’imprenditore ha trasferito il patrimonio, una volta eletto alla guida della città.

Proprio sui meccanismi del blind trust starebbe indagando adesso la Guardia di Finanza. E’ questo inoltre il capitolo sul quale in questi anni hanno insistito le opposizioni in Comune per accusare Brugnaro di un strisciante conflitto d’interessi, per il doppio ruolo di imprenditore e sindaco. A questo filone ha dedicato recentemente una puntata anche la trasmissione di Rai3Report”, parlando di una trattativa, poi sfumata, di Brugnaro con l’imprenditore Chiat Kwong Ching, di Singapore, per la vendita de ”I Pili”.

Da parte sua, il Procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi afferma che «stiamo valutando la correttezza della gestione del blind trust del sindaco, quindi l’avviso di garanzia è stato emesso a suo favore, per correttezza nei suoi confronti. Forse – ha aggiunto Cherchipoteva anche non essere necessario, però per trasparenza dell’attività della Procura abbiamo ritenuto che fosse messo a conoscenza che stiamo valutando questo. Non c’è niente si segreto, per cui abbiamo ritenuto di poterlo fare, nonostante non sia stato attinto nemmeno da perquisizione».

«Sono esterrefatto! In cuor mio ed in coscienza, so di aver sempre svolto e di continuare a svolgere l’incarico di sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici» afferma in una nota il sindaco Brugnaro, che nel merito dell’indagine aggiunge come «l’ipotesi che io abbia potuto agire su “I Pili” per portare vantaggi in termini di edificabilità e/o varianti urbanistiche è totalmente infondata. Com’è noto, ed ho spiegato pubblicamente, quella è un’area già edificabile da prima della mia amministrazione».

Sempre riferito alla vicenda dell’area de “I Pili”, Brugnaro sottolinea che «mai ho pensato, né messo in atto, alcuna azione amministrativa per un cambiamento delle cubature. Stessa cosa – conclude – riguardo la vendita di Palazzo Papadopoli che mi risulta alienato secondo una procedura trasparente dal punto di vista amministrativo. Ovviamente, sono e resto a disposizione della magistratura per chiarire tutte queste questioni».

La misura cautelare chiesta dalla Procura e disposta dal gip di Venezia nei confronti dell’assessore comunale Renato Boraso è scattata, ha spiegato il procuratore Cherchi, anche perché questi «stava cercando di eliminare la documentazione che potesse essere usata contro di lui. Questi elementi hanno convinto il Gip a misure cautelari in carcere, stamane all’alba». Un’attività corruttiva, quella contestata a Boraso continuativa e perdurante, ha spiegato il magistrato, ed una «gravità e attualità dei fatti continuati anche nel 2024 benché Boraso fosse stato messo in allarme da taluno».

Cherchi ha spiegato infine che, allo stato, «non ci sono elementi per dire che c’era attività concorsuale di altri. Per coloro per i quali non riteniamo il concorso doloso, ma si sono limitati a non opporsi, non ci sono elementi per procedere. Il concorso di diversi imprenditori emerge da intercettazioni e disponibilità a dare denaro per usufruire di modifiche al Prg e ottenere appalti, avendo benefici che venivano retribuiti».

Nei confronti di Boraso vengono contestati i reati di concussione per induzione, corruzione per l’esercizio della funzione (cioè aver messo a disposizione dei privati il proprio incarico pubblico), corruzione per compimento di atto improprio, con la creazione di falsa documentazione contabile da parte di società a lui intestate e autoriciclaggio. Boraso «ha sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati» degli imprenditori indabgati scrive il Gip di Venezia Alberto Scaramuzza, nell’ordinanza di custodia cautelare relativa all’inchiesta sulla corruzione nell’amministrazione comunale lagunare.

Una condotta, rileva il Gip, che risulta ininterrotta negli ultimi quattro anni, indifferente a controlli e ostacoli, caratterizzata da «pericolosità sociale eccezionalmente elevata» e «intenso pericolo di reiterazione». Un «sistema criminoso», con pressioni sugli uffici comunali «ridotti al servizio del privato». Si aggiunge l’inquinamento delle prove con la eliminazione di documentazione anche con la collaborazione della propria segreteria privata.

Le reazioni dell’opposizione all’inchiesta giudiziaria non si sono fatte attendere. Per il Pd lagunare «emerge un quadro inquietante. Per il bene della città è necessario un passo indietro dell’attuale amministrazione» dichiarano Monica Sambo (segretaria Unione Comunale di Venezia), Matteo Bellomo (segretario Metropolitano Venezia) e Andrea Martella (segretario Regionale Veneto).

«È fortissima la preoccupazione per Venezia, città del mondo che – rilevano – si ritrova con i vertici dell’amministrazione comunale, a partire dal sindaco, sotto inchiesta o addirittura sotto arresto come nel caso dell’assessore Renato Boraso. Con senso di responsabilità, principio di garanzia e rispetto per il lavoro della magistratura, guardiamo – scrivono gli esponenti Dem – con attenzione agli sviluppi dell’inchiesta. Ma al tempo stesso non possiamo dimenticare che da anni, come forza di opposizione, solleviamo il tema del conflitto di interessi che grava sulla nostra città. I diversi filoni dell’inchiesta e il quadro che emergerebbe nel complesso sistema amministrativo con il coinvolgimento di alte cariche delle aziende di servizi e dello stesso gabinetto del sindaco, raccontano di una situazione inquietante e intollerabile».

Per il Pd comunale «Venezia è una città che non può consentirsi una paralisi amministrativa. È una città speciale, che ha necessità assoluta di salvaguardia e di sviluppo: azioni che impongono una amministrazione pienamente operativa e credibile, cosa che appare quanto mai improbabile in questa situazione. Per il bene di Venezia e dei suoi cittadini, per le tante criticità e sfide che abbiamo di fronte, il sindaco e la sua maggioranza dovrebbero assumersi appieno la responsabilità politica di compiere un passo indietro. Venezia, oggi ancora di più, ha assolutamente bisogno di trasparenza, di riacquisire fiducia e di una nuova conduzione politica e amministrativa».

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