Sistemi elettorali: i casi della Francia e della Gran Bretagna

Per l’Italia un sistema elettorale a doppio turno dei comuni maggiori e collegi elettorali uninominali. Il doppio turno non allontana gli elettori: in Francia al secondo turno la partecipazione è cresciuta.

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Le elezioni politiche avvenute in Francia e in Gran Bretagna nella scorsa settimana hanno evidenziato l’importanza dei sistemi elettorali per assicurare il successo o il fallimento delle varie forze politiche, oltre la maggioranza di governo. Due sistemi elettorali diversi, uninominale maggioritario secco a turno unico in Gran Bretagna e doppio turno in Francia, con il primo che ha assicurato la vittoria dei laburisti con una maggioranza assoluta a fronte di un risultato elettorale del 33,7%, mentre in Francia tra il primo e il secondo turno il risultato si è ribaltato, portando il Rassemblement National di Marine Le Pen dal successo alle Europee e al primo turno, al piazzamento al terzo posto al secondo turno, con la sostanziale affermazione dell’alleanza di sinistra estrema e delle forze centriste macroniane, giunte seconde, ma senza una chiara maggioranza, cosa che apre per la Francia uno scenario politico inedito.

I 577 deputati dell’Assemblea Nazionale francese (l’equivalente della Camera dei deputati italiana) vengono eletti con un sistema uninominale a doppio turno. In ogni collegio in cui è suddiviso il territorio francese, per essere eletto deputato al primo turno, un candidato deve ottenere il 50% più uno dei voti, espressi però almeno dal 25% degli elettori. Se nessun candidato raggiunge questa percentuale, accedono al secondo turno i due candidati più votati e gli altri candidati che hanno ottenuto almeno il sostegno del 12,5% degli aventi diritto di voto nel collegio. Questa percentuale è importante perché più aumenta l’affluenza e più è facile che questa soglia venga raggiunta, essendo calcolata sugli aventi diritto di voto e non sui votanti. Questo meccanismo fa sì che al secondo turno possano esserci non solo ballottaggi tra due candidati, ma anche sfide tra tre o quattro candidati (i cosiddetti “triangolari” o “quadrangolari”).

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Il primo turno delle elezioni legislative in Francia del 30 giugno e il secondo turno del 7 luglio hanno visto una forte affluenza al voto, rispettivamente del 66% e il 67%, una percentuale molto alta per le elezioni legislative, ben più alta delle recentissime elezioni europee.

Al primo turno il Rassemblement National e i suoi alleati hanno ottenuto il 33,2% dei voti, contro il 28,2% del Nouveau Front Populaire, la coalizione di partiti di sinistra e centrosinistra messa insieme per queste elezioni. Ensemble, la coalizione liberale guidata dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron, si è fermata al 21,3% e i Républicains (centrodestra) al 6,6%. Il resto dei voti è andato a candidati indipendenti e di partiti minori.

Al primo turno solo in 76 collegi (il 13% circa sul totale), un candidato ha superato il 50% dei voti e quindi tutti gli altri collegi sono andati al secondo turno. In cinque collegi sono andati al secondo turno quattro candidati, in 309 tre candidati e negli altri 187 due candidati.

Le formazioni politiche di centro sinistra si sono alleate per frenare la crescita della destra di Le Pen: il Nouveau Front Populaire ed Ensemble hanno deciso di ritirare una serie di candidati nelle sfide triangolari per far sì che i candidati del centro sinistra potessero vincere contro quelli del Rassemblement National. In 99 casi, il candidato del Nouveau Front Populaire si è ritirato, in 79 casi lo ha fatto quello di Ensemble, mentre negli altri 72 casi non si è ritirato nessuno. In 27 seggi in cui invece c’era una sfida tra Nouveau Front Populaire, Rassemblement National e i Républicains, i candidati di sinistra si sono ritirati.

Al secondo turno, il Rassemblement National e gli alleati hanno ottenuto il 37,1% dei voti, il Nouveau Front Populaire il 25,8%, Ensemble il 24,5% e i Républicains il 5,4%. In termini di seggi, però, queste percentuali hanno portato a un’affermazione dei partiti di sinistra, sia grazie alle desistenze con Ensemble, sia grazie al richiamo dei partiti di centro e di sinistra contro l’estrema destra.

Alla fine dei due turni elettorali, il Nouveau Front populaire si è affermato come prima forza dell’Assemblea Nazionale con 180 seggi, 49 in più della precedente legislatura; Ensemble ha ottenuto 159 seggi (86 in meno); il Rassemblement National e gli alleati 142 seggi (53 in più); i Républicains 39 seggi (25 in meno). Ci sono poi 27 deputati di destra che non fanno parte di nessun partito principale, 12 di sinistra, sei del centro e 12 di altri partiti.

La formazione di un governo in Francia sarà difficile. Per avere la maggioranza in aula servono 289 seggi e nessuno degli schieramenti da solo arriva a questo numero. È possibile anche formare un governo di minoranza, ossia privo della maggioranza dei seggi: in questo caso però il governo dovrà trovare la maggioranza dei voti dei partiti su singole proposte di legge. Ma sarà molto difficile governare, specie se la sinistra avrà la guida del governo con un programma che prevede tante abrogazioni di riforme imposte con veri e propri colpi di mano dal presidente Macron.

Sistemi elettorali diversi per la Gran Bretagna, dove si dovevano eleggere 650 membri della Camera dei comuni (l’equivalente della Camera dei deputati italiana) con un sistema uninominale a turno unico. Il territorio è diviso in 650 collegi e ognuno elegge il candidato che ottiene anche un solo voto in più dei suoi avversari.

Il Partito Laburista guidato da Keir Starmer ha ottenuto il 33,7% dei voti, mentre il Partito Conservatore del primo ministro uscente Rishi Sunak si è fermato al 23,7%. Rispetto alle elezioni del 2019, il Partito Laburista ha guadagnato un punto percentuale e mezzo, mentre il Partito Conservatore ha perso 20 punti. Il partito centrista dei Liberal Democratici di Ed Davey ha ottenuto il 12,2% dei voti e Reform UK, partito di estrema destra guidato da Nigel Farage, ha preso il 14,3% dei voti pescando soprattutto tra le fila dei conservatori scontenti. Il partito ambientalista Green Party ha ottenuto il 6,4%. Infine lo Scottish National Party, partito autonomista scozzese, ha ottenuto il 2,5%.

Nonostante una distribuzione dei voti abbastanza equilibrata, il sistema elettorale britannico ha determinato una larghissima maggioranza del Partito Laburista con ben 411 deputati pari al 63,2% dei seggi, mentre Reform Uk, che nonostante sia stato il terzo partito più votato, potrà contare in Parlamento solo su cinque eletti pari allo 0,8% dei seggi. Il Partito Conservatore si è fermato a 121 seggi (il 18,6% sul totale), i Liberal Democratici a 72 (11,1%), lo Scottish National Party a nove (1,4%) e il Green Party a tre (0,6%).

Quale dei due sistemi elettorali per il caso italiano per accompagnare la riforma costituzionale del premierato? Come si è visto, i due sistemi elettorali danno risultati decisamente diversi e contrastanti tra loro. Per la realtà italiana sarebbe utile un sistema elettorale a doppio turno sull’esempio di quello funzionante per i comuni con oltre 15.000 abitanti, dove i 400 seggi della Camera sono assegnati in altrettanti collegi uninominali dove viene eletto al primo turno il candidato che conquista la maggioranza dei voti, mentre in caso contrario vanno al ballottaggio i primi due votati.

Per il Senato, anche per rispettare l’impianto regionalista voluto dalla Costituzione, si potrebbe imitare una rappresentanza fissa di tre senatori per ciascuna regione, eletti proporzionalmente su base regionale a turno unico, assicurando due seggi ai candidati di maggioranza e uno a quelli di minoranza.

A coloro che affermano che un sistema elettorale a doppio turno disincentiva dal voto al secondo turno, si può rispondere che se in ballo c’è da fare una scelta di campo rilevante, gli elettori al secondo turno non scappano, anzi crescono come in Francia. Tutto dipende dalla qualità dei candidati proposti dalle forze politiche e da un sistema elettorale che consegni effettivamente il potere di scelta ai cittadini e non alle segreterie dei partiti.

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