Stangata sulla casa in agguato nel Patto di stabilità Ue

Adeguare i valori catastali a quelli di mercato significherebbe in molti casi aumenti fino al 284,7%. E l’aumento si rifletterebbe anche sulle compravendite di “prima casa”.

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stangata sulla casa

Nell’ambito del Patto di stabilità dell’Unione europea c’è una sorpresina proco gradita per i proprietari di casa, che in Italia sono per oltre l’80%: la Commissione, per “aiutare” l’Italia a rientrare all’interno dei parametri del debito, “spinge” il governo Meloni ad attuare la revisione del catasto degli immobili per adeguarlo ai valori di mercato, trasformandola in una stangata sulla casa.

Se la propostaconsigliata” dalla Commissione andasse per il buon verso, cosa che nei decenni trascorsi ai governi precedenti non è mai riuscita nonostante la buona volontà dei vari Letta, Renzi, Draghi e compagnia governativa, per i proprietari di casa italiani, specie per coloro che ne possiedono più d’una, sarebbe all’insegna di rincari consistenti, perché i valori degli immobili cui sono iscritti al catasto sono in molti casi decisamente inadeguati, ben inferiori a quelli di mercato.

Per tanti immobili che cinquant’anni fa erano periferici e popolari, con l’espansione del perimetro urbano di molte città si sono trovati nelle aree semicentrali e trasformati in abitazioni semi signorili, magari grazie a quegli eurettiaggratis” del Superbonus 110% generosamente elargito dal governo Conte 2 sorretto da M5s, Pd e sinistrette varie. Con conseguente drastico incremento del valore che andrebbe aggiornato al catasto e, conseguentemente, trasformato in maggiore gettito per l’erario.

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Di per sé, l’operazione di adeguamento dei valori immobiliari non sarebbe socialmente ingiustificata, perché oggi un’abitazione in condominio posto in periferia al catasto è iscritto con un valore decisamente più alto di quello di una casa realizzata negli anni 50-60 del secolo scorso oggi in semicentro. Quindi, un residente nella periferia, spesso mal servita, avrebbe un’immobile che, catastalmente, vale di più di uno oggi ristrutturato e piazzato in area semicentrale, magari pure acquistato per cifre che spesso s’avvicinano più al milione di euro che a meno, specie nelle grandi città.

Certo, c’è da dire che l’aggravio fiscale derivante dalla rivalutazione dei valori catastali cadrebbe solo sulle seconde case e oltre, mentre la “prima casa” ne sarebbe tenuta esente, almeno finché non cambiano le regole vigenti. Ma di sbieco, interesserebbe anche la “prima casa”, nel momento in cui la si acquista o si vende, visto che la tassazione ridotta al 2% si paga proprio sul valore catastale.

La nuova stangata sulla casa potrebbe avere conseguenze molto pesanti, variabili a seconda delle città: confrontando i valori medi a metro quadrato ricavati dalla banca dati catastali dell’Agenzia delle Entrate e quelli sui prezzi di vendita nel 2020, a Milano un adeguamento al mercato, avrebbe portato a un aumento medio dell’Imu, ad aliquote costanti, del 174%, a Roma del 56%, a Napoli del 108%, a Torino del 46%, a Venezia del 153,9%, a Trento del 227,7% e a Bolzano del 284,7%. Non fa eccezione il Mezzogiorno: a Palermo il rincaro calcolato era del 117,5%, a Potenza del 117,4% e a Campobasso del 56,3%.

Insomma, comunque la si giri e rigiri, per quadrare i difficili conti del bilancio dello Stato, stante la difficoltà di ogni governo a tagliare la spesa pubblica per paura di tagliare qualche fettina di consenso clientelare e il problema di aumentare ulteriormente la già pesante tassazione sui redditi, per chi dichiara tutto l’unica leva rimane quella di agire sulle imposte indirette, evitando quella dell’Iva per i suoi effetti inflazionistici: di fatto, la stangata sulla casa tramite la manovra sull’Imu sarebbe quella a minore dolore fiscale – e consensuale – per racimolare qualche ulteriore entrata per fare fronte agli impegni con l’Europa e per tenere fede agli impegni di tagliare il cuneo contributivo e gli scaglioni fiscali.

Certo, si potrebbe tirare fuori dal cassetto il progetto dell’allora ministro Giulio Tremonti di riformare l’impianto del bilancio statale, passando dal criterio di competenza a quello di cassa similmente a quanto accade in altri paesi, guadagnando in efficienza, riduzione degli sprechi e aumento della responsabilità dei centri di spesa. Ma anche Tremonti incappò a suo tempo nel filibustering della macchina che lui stesso dirigeva, finendo su un binario morto, anzi mortissimo, con l’alta burocrazia ancora libera di fare e disfare a piacimento. E pazienza se ciò comporta maggiori costi per tutti i cittadini.

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