Oggi il prezzo di mercato dell’energia elettrica, anche in Italia, è molto più basso rispetto all’estate 2022, quando si raggiunse l’apice della crisi energetica. Tuttavia, in Italia l’energia continua a costare molto di più rispetto al resto d’Europa.
Secondo uno studio della Fondazione Think Tank NordEst, realizzato in collaborazione con A.R.T.E. – Associazione Reseller e Trader dell’Energia, nell’ultimo anno, in Italia, il prezzo dell’energia elettrica è sceso di circa il 10%, ma la diminuzione è stata maggiore in Germania (-18%) e soprattutto in Spagna (-59%) e Francia (-65%). Di conseguenza, le imprese italiane devono sostenere costi energetici maggiori, mettendo a rischio la propria competitività a livello internazionale.
Se a maggio 2023, in Germania, il prezzo dell’energia elettrica era inferiore del 23% rispetto a quello italiano, oggi il gap è diventato del 29%. Risulta ancora più impietoso il confronto con la Spagna, con un differenziale a favore degli iberici passato dal 30% al 68%. La medesima situazione si verifica in Francia: se un anno fa i transalpini beneficiavano di un prezzo del 27% più basso di quello italiano, a maggio 2024 il differenziale è salito al 71%.
Questa situazione si verifica in un momento storico contraddistinto dalla forte crescita delle fonti energetiche rinnovabili. Infatti, secondo l’ultimo rapporto di Terna, ad aprile 2024 oltre la metà (51,2%) del fabbisogno di elettricità è stato coperto dalle rinnovabili: si tratta di una situazione mai verificatasi nel nostro Paese (ad eccezione del 2020, a causa della forte diminuzione della domanda durante la pandemia).
Grazie alle abbondanti piogge è raddoppiato il contributo dell’energia idroelettrica (+109% nei primi 4 mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2023), ma è cresciuta anche la produzione fotovoltaica (+10,7%), eolica (+8,8%), geotermica (+1,8%) e da biomasse (+2,4%).
Complessivamente, nel periodo gennaio-aprile, la produzione di energia da fonti rinnovabili è aumentata del 29,7% sul 2023, a fronte di una capacità produttiva salita del 45%.
«Stiamo assistendo ad un progressivo incremento del differenziale di prezzo dell’energia elettrica tra l’Italia ed il resto d’Europa – avverte Diego Pellegrino, portavoce A.R.T.E. – e questo è un grande problema per il sistema Paese, perché mette a rischio la competitività delle nostre imprese: costi maggiori determinano minori utili, prezzi più elevati per prodotti e servizi, meno investimenti, stipendi più bassi. Dobbiamo investire con convinzione sulle fonti rinnovabili, semplificando le autorizzazioni – propone Pellegrino – ma al tempo stesso dobbiamo rivedere le nostre regole di mercato, perché il prezzo di vendita dell’energia rinnovabile è troppo alto: questa situazione favorisce solamente pochi attori, ma nel complesso penalizza pesantemente tutto il Paese».
Con la stagione turistica in pieno svolgimento, le preoccupazioni sono rivolbte alle strutture ricettive, che utilizzano molta energia per raffrescare i propri ambienti: «il peso eccessivo dei costi energetici riduce gli utili del settore turistico – spiega Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank NordEst – determinando una spirale di effetti negativi. Infatti, le imprese devono contenere gli investimenti – fondamentali per la competitività delle località turistiche -, ma al tempo stesso limitare le premialità ai lavoratori, che rappresentano un incentivo strategico per favorirne la fidelizzazione, in una situazione di grandi difficoltà nel reclutamento del personale». Oltre ad essere meno competitive con la concorrenza turistica estera delle destinazioni marine, da quella spagnola a quella francese e anche quella croata.
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