Manufactures Dior va in amministrazione giudiziaria per sfruttamento del caporalato

Una borsa venduta nelle boutique a 2.600 euro pagata al laboratorio appena 53 euro.

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Manufactures Dior

Prosegue l’attività della Procura di Milano per sventare il fenomeno del caporalato che coinvolge il mondo della moda e che ha portato il Tribunale a disporre l’amministrazione giudiziaria per un anno, con finalità non tanto «repressiva, quanto preventiva» di Manufactures Dior srl, società italiana di una delle case del lusso più note al mondo e fondata a Parigi nel 1946.

I giudici della sezione misure di prevenzione, presieduta da Paola Pendino, hanno accolto la richiesta dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone di procedere con una «bonifica aziendale» volta a «depurare» l’attività di impresa «dagli elementi inquinati» per evitare «futuri incidenti» come quello in cui è rimasta coinvolta l’azienda legata al gruppo francese, non indagata, che produce articoli da viaggio, borse e altri capi in pelle e che fa parte del colosso mondiale del lusso LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton di Bernard Arnault. Per un anno la società sarà affidata al dottor Giuseppe Farchione con il compito di predisporre un «modello organizzativo» in grado di prevenire e arginare i «reati».

Nonostante i 709 dipendenti e 650 milioni di fatturato nel 2022, per i magistrati non sarebbe stata capace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo che si è avvalso di appalti e subappalti.

Secondo la ricostruzione, la vicenda è simile a quella emersa nei mesi scorsi e che ha riguardato la Alviero Martini Spa e la Giorgio Armani Operations. Ad avviare l’inchiesta sono state le ispezioni, a partire dallo scorso 21 marzo, da parte del Nucleo Ispettorato del Lavoro dei Carabinieri di Milano, in quattro opifici nel Milanese e in Brianza.

Dagli accertamenti è emerso che Manufactures Dior ha esternalizzato la produzione «in via diretta» alla Pelletteria Elisabetta Yang e alla Davide Albertario Milano srl. Produzione, come si legge nel provvedimento, «effebttuata in contesti (…) di sfruttamento dei lavoratori», anche da una terza società, la New Leather Italy srls. Una quarta società, risulta invece, abbia ricevuto «solo formalmente» in sub appalto la produzione in quanto avrebbe rappresentato solo un «serbbatoio» di mano d’opera in modo da non versare gli oneri contributivi, retributivi e fiscali con il risultato di abbattere i costi.

Durante i controlli sono stati identificati 32 lavoratori di cui 7 in nero e dei quali 2 clandestini. I loro stipendi sarebbero stati al di sotto soglia, le condizioni abitative in cui avveniva la produzione, si cominciava alle 6.30 e si finiva alle 21.30, «degradanti» in «ambienti abusivi e insalubri, pericolosi per la salute e la sicurezza». Nei laboratori erano stati realizzati “«veri e propri dormitori» e nei magazzini erano stati ricavati i refettori o le cucine. In più, tra l’altro, macchinari sono stati trovati privi di «dispositivi di sicurezza», cosa che avrebbe evitato che gli operai venissero a contatto con agenti chimici e infiammabili, per altro mal conservati.

Tutto ciò ha avuto anche riflessi «in termini di concorrenza all’interno del mercato»: così un modello di borsa Dior è costato alla casa del lusso francese 53 euro, come è scritto nell’atto, e sarebbe stato rivenduto a 2.600 euro in negozio. Comunque a seconda del modello il costo è «variabile dai 35 ai 70» euro. Per il Tribunale, la Manufactures Dior srl «non ha verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici (…) e non ha nel corso degli anni eseguito efficaci ispezioni o audit per appurare in concreto le effettive condizioni lavorative». Quindi, «i modelli organizzativi e gestionali» della società legata alla casa madre francese del lusso, «si sono nel concreto rivelati inadeguati».

Infine, 5 titolari dei laboratori sono indagati per capolarato, abusi edilizi e fatture per operazioni inesistenti, mentre sono state comminate ammende pari a 138.000 euro e sanzioni amministrative pari a 68.500 euro e per i 4 opifici è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero.

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