Economia in frenata nel 2023 per il Trentino Alto Adige

Espansione economica ridimensionata. Indagine Bankitalia: stagnazione degli investimenti riflette persistente incertezza.

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Economia in frenata 2023 esproprio dei conti correnti conti e depositi

Nel 2023 economia in frenata per il Trentino Alto Adige, che vede l’espansione dell’attività economica nelle province autonome in ridimensionamento. In base all’indicatore trimestrale dell’economia regionale (Iter) elaborato dalla Banca d’Italia e in linea con quanto previsto dagli Istituti di statistica locali, la crescita annuale in valori reali del Pil in Trentino e in Alto Adige sarebbe stata poco superiore all’1%, leggermente più elevata di quella nazionale.

Il rapporto di Bankitalia sull’economia delle province autonome di Trento e di Bolzano evidenzia come l’andamento ha riflesso lo scarso dinamismo della domanda interna, che ha risentito della fase di restrizione monetaria e del calo del potere di acquisto delle famiglie, e di quella estera, condizionata dalle difficoltà dell’economia tedesca. Questi fattori potrebbero limitare la crescita anche per il 2024, con conseguenti problemi sui bilanci delle due autonomie speciali alimentati dal gettito dei tributi incassati localmente.

Gli istituti di statistica provinciali prefigurano anche per il 2024 una debole crescita del Pil. Nel 2023 i fatturati a prezzi costanti delle imprese industriali sono moderatamente calati in Trentino e in Alto Adige. Vi ha inciso l’indebolimento delle esportazioni in termini reali.

L’attività nel comparto delle costruzioni è cresciuta continuando a beneficiare degli incentivi fiscali per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica degli edifici, ma il numero delle compravendite immobiliari si è ridotto.

Nel terziario l’attività è aumentata, trainata dall’incremento delle presenze turistiche, che hanno raggiunto valori massimi nel confronto storico. La sostanziale stagnazione degli investimenti riflette la persistente incertezza fronteggiata dalle imprese e il più elevato costo di finanziamento che ha ulteriormente limitato la domanda di prestiti.

Il credito al settore produttivo ha registrato una flessione in entrambe le province, in parte ascrivibile ai mancati rinnovi dei prestiti in scadenza e ai rimborsi, talvolta anticipati. Nonostante l’indebolimento del quadro congiunturale e l’aumento della spesa per interessi, nel 2023 la valutazione sulla propria redditività è rimasta positiva per larga parte delle aziende.

Bankitalia indaga anche il settore dell’occupazione, pure essa ridimensionata per l’economia in frenata nel 2023 in Trentino e si è interrotta in Alto Adige. In entrambe le province è proseguita la crescita dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. La partecipazione al mercato del lavoro si è ampliata in provincia di Trento ed è lievemente diminuita in quella di Bolzano. Il tasso di disoccupazione si è confermato su livelli contenuti, soprattutto in Alto Adige.

Il reddito disponibile delle famiglie ha continuato a crescere; il loro potere d’acquisto è però lievemente sceso in ragione dell’inflazione ancora elevata, seppure in riduzione nel corso dell’anno. Ne è conseguito un rallentamento dei consumi.

L’aumento dei tassi di interesse ha indebolito la domanda di credito delle famiglie, la cui variazione è divenuta negativa nel corso dell’anno; nel 2023 i nuovi mutui si sono ridotti di quasi un terzo rispetto all’anno precedente.

Alla fine dello scorso anno il credito bancario al settore privato non finanziario ha registrato una sensibile diminuzione, in ragione del calo della domanda e di condizioni di offerta improntate alla cautela. La flessione dei finanziamenti ha riguardato sia le banche extraregionali sia quelle locali. La qualità del credito alla clientela residente rimane nel complesso soddisfacente: il tasso di deterioramento è cresciuto lievemente a Trento ed è rimasto stabile a Bolzano.

Anche i ritardi nel rimborso dei prestiti non hanno segnalato incrementi di rilievo, rimanendo su livelli sensibilmente inferiori a quello medio nazionale. La liquidità detenuta in conto corrente da famiglie e imprese, dopo il forte accumulo nel periodo pandemico, è calata in entrambe le province, a fronte dell’aumento dei depositi a risparmio, maggiormente remunerativi. Gli accresciuti rendimenti hanno riorientato le preferenze dei risparmiatori verso gli altri strumenti di investimento, soprattutto i titoli di Stato, quasi duplicati in valore.

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