L’economia italiana può crescere più del previsto, anche se continua a viaggiare a due velocità: male per l’industria, bene per i servizi, con Confcommercio che migliora le prospettive del Pil italiano nel 2024 sostenendo che ci sono le condizioni per salire anche oltre l’1% (dalla stima di +0,9%) e rimarca il traino che arriva proprio dal terziario, mentre l’Istat conferma la sofferenza dell’attività industriale, ancora in caduta.
Gli ultimi dati dell’Istituto di statistica per l’industria sono negativi sia su base mensile che annua: ad aprile la produzione industriale diminuisce dell’1,0% rispetto a marzo, segnando il secondo calo consecutivo. E rispetto ad aprile 2023 registra una flessione del 2,9%: si tratta in questo caso di un segno negativo per il quindicesimo mese consecutivo. Non va bene neanche nella media del periodo febbraio-aprile che registra un calo dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti.
Nel complesso, l’attività dell’industria scende in tutti i principali comparti (solo i beni di consumo risultano stabili nel confronto mensile). Tra i diversi settori, nel confronto annuo ad andare peggio sono le industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori che segnano una contrazione a doppia cifra (-13,3%) e la fabbricazione di mezzi di trasporto (-9,3%). All’opposto, gli incrementi maggiori sono per la produzione di farmaceutici (+4,4%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,1%).
A pesare sull’andamento dell’industria è il settore automotive secondo l’analisi dell’Anfia, l’associazione di rappresentanza della filiera italiana. Guardando ai singoli comparti produttivi del settore, l’indice della fabbricazione di autoveicoli registra una variazione tendenziale negativa del 22% ad aprile 2024 e diminuisce del 12,5% nei primi quattro mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023; quello della fabbricazione di carrozzerie per autoveicoli, rimorchi e semirimorchi cresce dell’1,4% nel mese e del 15,5% nel cumulato, e quello della fabbricazione di parti e accessori per autoveicoli e loro motori risulta in calo del 22,8% ad aprile e del 18% nel periodo gennaio-aprile 2024.
Secondo i dati preliminari di ANFIA, la produzione domestica delle sole autovetture ad aprile 2024 ammonta a circa 30.000 unità, in calo del 31,6% rispetto ad aprile 2023. Nel cumulato del quadrimestre, invece, sono state prodotte 142.000 autovetture, in diminuzione del 23,6% su gennaio-aprile 2023. Il comparto produttivo automotive si colloca nel contesto di una produzione industriale italiana complessiva ancora in flessione ad aprile 2024 rispetto ai livelli del quarto mese dello scorso anno.
Nonostante i risultati negativi della produzione industriale, l’economia nel complesso tiene. E cresce con i servizi ed il turismo da record. Un comparto che con la ripresa post Covid e l’aumento delle presenze in Italia, soprattutto in vista dell’estate, richiede più addetti, non sempre facili da trovare. Per Confcommercio mancano all’appello 170.000 lavoratori, proprio per la carenza di competenze specifiche, come sottolinea il presidente Carlo Sangalli, commentando l’Osservatorio Terziario e lavoro presentato dall’Ufficio studi della confederazione. «Servono quindi – rimarca Sangalli – più politiche attive e più formazione per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Commercio, turismo, servizi e trasporti trainano gran parte dei posti, avendo sfondato il 50% del totale. Nel Paese l’occupazione cresce grazie al terziario di mercato».
Tra il 1995 e il 2023 si registra un aumento di quasi 3,5 milioni di lavoratori nel terziario, passati da 9,1 milioni a 12,6 milioni (salendo così dal 40,3% al 50,5% del totale). Tra giugno 2019 e giugno 2023 in totale si registrano 2,6 milioni di lavoratori in più, di cui il 77,9% appartiene al terziario (2 milioni). Che, indica ancora Confcommercio, «è palestra di auto–imprenditorialità, ma è fondamentale anche per il lavoro dipendente». In questo quadro i consumi restano fragili, ma nel resto dell’anno, sostiene il direttore dell’Ufficio studi, Mariano Bella, «grazie alla sconfitta dell’inflazione, dovremmo recuperare ulteriore potere d’acquisto sui salari e quindi migliorare i consumi. E poi la riduzione degli investimenti in costruzioni dovrebbe essere compensata da una accelerazione sugli investimenti pubblici e privati derivanti dal Pnrr».
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