Superbonus 110%, come un Robin Hood al contrario

Cgia: una misura surreale voluta dal M5s, avvallata dal Pd, Liberi & uguali e Italia Viva e non rimossa dal governo Draghi con dentro tutti tranne FdI. Con la stessa spesa lo stato avrebbe costruito 1,2 milioni di nuovi alloggi pubblici, 400 mila in più di quanti sono adesso.

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Fino ad ora il Superbonus 110%costato alle casse pubbliche 122,6 miliardi di euro di detrazioni fiscali. Ebbene, se lo Stato, anziché finanziare quasi esclusivamente l’edilizia privata, avesse investito queste risorse (pari a oltre 6 punti di Pil) per realizzare alloggi pubblici – di cui la nazione ha grande bisogno – ad un costo ipotetico di 100.000 euro cadauno, si potrebbe contare su 1,2 milioni di nuove unità abitative.

Pertanto, in linea puramente teorica, si sarebbe potuto demolire tutte le 800.000 case popolari presenti in Italia, molte delle quali versano in condizioni fatiscenti, e ricostruirle con tecniche innovative e con classi di efficienza energetica elevate e migliore comfort abitativo.

Non solo. Grazie a questa operazione il Paese disporrebbe di 400.000 alloggi pubblici in più di quanti ne se ne conta ora. Insomma, investendo tutte queste risorse nel social housing si sarebbe in massima parte risolta l’emergenza abitativa che colpisce, in particolare, le fasce sociali più deboli del Paese corrispondenti, secondo il Censis, a 3,5 milioni di persone.

Il Superbonus 110% voluto dal Movimento 5 stelle di Giuseppi Conte con l’avallo del Pd, di Liberi & uguali e di Italia Viva di Matteo Renzi e non fermato dal governo Draghi con dentro tutti i partiti tranne Fratelli d’Italia, invece, sino ad ora si è comportato come un Robin Hood al contrario: ha tolto ai poveri per dare ai ricchi con quest’ultimi che hanno potuto ristrutturare ville, villette, seconde case e pure 8 castelli a spese di coloro che una casa in proprietà se la sognano.

Con una spesa di oltre 122 miliardi destinata a salire ulteriormente fino ad oltre 200 miliardi secondo le previsioni di tiraggio del ministero dell’Economia, nei prossimi anni sarà molto difficile far quadrare i conti pubblici italiani, pregiudicando la possibilità di reperire nuove risorse aggiuntive da destinare alla sanità pubblica, all’edilizia sovvenzionata e per contrastare la povertà e l’esclusione sociale.

E’ evidente che quella appena denunciata dall’Ufficio studi della CGIA altro non è che una provocazione; tuttavia dà l’idea di come, attraverso il Superbonus 110%, lo Stato abbia speso con una certaleggerezza” una cifra ingentissima destinandola soprattutto alle persone più danarose: questo importo, nella stragrande maggioranza dei casi, è andato a beneficio di proprietari di unità abitative private con disponibilità economiche tali da poter farsi carico di gran parte dei costi di efficientamento edilizio/energetico sostenuti in questi ultimi anni.

Questo provvedimento, inoltre, rischia di non raggiungere nemmeno gli obiettivi di efficienza energetica di lungo periodo, che per essere conseguiti richiederanno interventi continuativi anche nei prossimi anni.

In più di un’occasione la Banca d’Italia ha evidenziato la natura regressiva di questa agevolazione fiscale destinata al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. E anche la Corte di Conti ha avuto modo di denunciare come le risorse impegnate per la regalia immobiliare abbiano interessato, in particolare, le persone più benestanti. Secondo la magistratura contabile, le detrazioni per il risparmio energetico estrapolate dalle dichiarazioni dei redditi Irpef relative all’anno di imposta 2021 hanno interessato il 5,6% dei contribuenti con meno di 40.000 euro di reddito e ben il 37% circa di quelli con oltre 150.000 euro. Insomma – con un costo spaventoso per le finanze dello Stato che, in massima parte, ha avvantaggiato i più ricchi – il Superbonus 110% è diventato una misura dai contornisurreali”, se non fosse, purtroppo, che a pagare il conto nei prossimi anni saranno chiamati a rispondere tutti gli altri, in particolare le fasce sociali più deboli, prive di “prima casa”, villette, ville e pure castelli. Queste, infatti, non potranno beneficiare di risorse aggiuntive a sostegno delle principali misure di welfare state; in quanto il debito pubblico, a seguito della generosità di questo provvedimento, è destinato ad aumentare, di un ulteriore punto tra il 2024 e il 2026, arrivando così a toccare il 137,7% del Pil.

Chi politicamente ha voluto e continua difendere questo provvedimento, ovvero il M5s e in misura minore il Pd, sostiene che non si debba guardare solo alla spesa che lo Stato si è fatto carico fino ad ora, ma anche agli effetti economici positivi che esso ha generato. Vale a dire più gettito (Irpef, Ires, Iva, etc.), più occupazione, più Pil, più risparmio energetico e meno emissioni di inquinanti.

E’ un’obiezione corretta che, tuttavia, è facilmente confutabile dalla posizione tenuta dalla CGIA; se invece di ricorrere al Superbonus 110% per incentivare quasi esclusivamente gli interventi di edilizia privata ci si fosse avvalsi di questa misura per costruire/rifare solo gli edifici residenziali pubblici, le conseguenze appena richiamate dai “sostenitori” della regalia di Stato sarebbero state praticamente le stesse. Con una differenza sostanziale: nel secondo caso si sarebbe compiuta un’azione di giustizia sociale che la misura attualmente in vigore ha paurosamente disatteso. Così come il M5s di Giuseppi Conte ha largamente disatteso gran parte dei suoi obiettivi programmatici, primo tra tutti l’abolizione della povertà che durante il suo governo è pure aumentata.

Risultati ambientali ed economici comunque modesti Anche i risultati ottenuti dall’incentivo fiscale in oggetto sarebbero stati molto modesti. Seppure non ci siano valutazioni scientifiche rigorose sotto il profilo ambientale, l’abbattimento delle emissioni di CO2 sarebbe molto contenuto. Sempre secondo la Banca d’Italia, le prime evidenze dimostrerebbero che nello scenario migliore i benefici ambientali del Superbonus 110% compenserebbero i costi finanziari in quasi 40 anni.

In termini strettamente economici, invece, tra il 2021 e il 2022 gli investimenti in edilizia residenziale sarebbero aumentati del 60%. Sebbene non sia possibile quantificare l’incidenza degli incentivi fiscali su questo incremento, va ricordato che la quota sul Pil nazionale del settore delle costruzionipoco meno del 6% (prezzi correnti). Tuttavia, il contributo del Superbonus 110% alla crescita della ricchezza del Paese in questo biennio non dovrebbe aver superato gli 1,8 punti, di cui 1,2 nel primo anno (su 7 punti di crescita totale) e circa 0,7 nel 2022 (su 3,8 punti complessivi). Il numero degli occupati nel settore in questi ultimi anni, invece, ha subito un deciso aumento. Non poteva essere altrimenti, con un investimento di oltre 122 miliardi di euro si è “drogato” il mercato, facendo esplodere la domanda e, conseguentemente, anche la platea degli addetti in edilizia. Tuttavia, ora che il ricorso al Superbonus sta “scemando”, gli occupati di questo settore stanno diminuendo.

Altro effetto nefasto della fantasia grillina al governo è legato all’ammontare dell’incentivo superiore ai costi da sostenere, eliminando così qualsiasi forma di partecipazione dei beneficiari alla spesa di riqualificazione, tanto che molti esponenti del governo giallo rosso parlavano di ristrutturazioneaggratis” delle case degli italiani.

Venuto meno il contrasto di interessi tra cliente e costruttore, questa situazione, affiancata anche dagli effetti legati alla ripresa post Covid, ha contribuito ad aumentare a dismisura i prezzi delle materie prime e dei prodotti/servizi correlati, con una ricaduta sui costi di costruzione degli edifici residenziali del tutto ingiustificata, con conseguenze molto negative anche sugli appalti pubblici. L’impennata dei costi di moltissimi materiali sta imponendo una revisione dei prezzi per un gran numero di opere pubbliche già cantierate, causando alla pubblica amministrazione non poche difficoltà ad adeguarsi per il deciso aumento del costo dell’opera e in molti casi provocando il rallentamento o addirittura la sospensione dei lavori nei cantieri. Oltre a riverberarsi sull’ammontare del debito pubblico italiano.

Nato male, è proseguito peggio. Il Superbonus 110% è venuto alla “luce” nel maggio del 2020 nel governo guidato da Giuseppi Conte e supportato da M5s, Partito democratico, Liberi & uguali e Italia Viva di Matteo Renzi e, sin dall’inizio, la sua applicazione è stata fortemente legata agli altri bonus edilizi (ristrutturazione edilizia, rigenerazione energetica, sisma, mobili, etc.).

Questo “intreccio” ha contribuito a far esplodere la giungla burocratico-legislativa che in questi quattro anni ha comportato oltre 280 modifiche normative e relativi chiarimenti in materia di bonus edilizi. Una situazione che ha creato tra gli addetti ai lavori e tra i proprietari di abitazioni tanta confusione e altrettanta incertezza applicativa, favorendo, in parte, anche la proliferazione di truffe ai danni dello Stato. Secondo l’Agenzia delle Entrate, ad oggi le frodi riconducibili ad un utilizzo illegale dei bonus edilizi sono state pari a 15 miliardi di euro, di cui 8,6 sono stati oggetto di sequestri preventivi da parte dell’autorità giudiziaria e 6,3 miliardi sono stati sospesi. Ma questo pare essere solo l’inizio, visto che la Guardia di finanza è ancora impegnata a valutare tutte le pratiche.

Ma anche il sistema bancario ci ha messo del suo, applicando delle vere e proprie richieste iugulatorie nei confronti dei proprietari di immobili ed imprese per lo sconto delle fatture, applicando una commissione anche del 25% sugli importi delle fatture. Pizzo di cui nessuno si lamentava, perché specie sul fronte delle imprese i margini artatamente gonfiati delle riqualificazioni consentivano di sostenere l’extracosto bancario senza fare un plissè.

Ancora una volta, la mala politica ha reso un pessimo servizio al Paese cui il nuovo governo Meloni tocca l’arduo compito di raddrizzare le cose. Sarebbe doveroso che la Corte dei conti iniziasse a mettere i responsabili politici di questo sfracello economico dinanzi alle loro responsabilità e recuperare, per quanto possibile, almeno parte di questo colossale spreco dovuto all’improvvisazione fortuita al potere.

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