Concessioni autostradali si cambia, forse: ad annunciare la prossima rivoluzione del casello è stato il ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini, in occasione del suo intervento in apertura del Festival dell’economia di Trento, dove ha detto che entro la fine del 2024 si supererà l’attuale sistema di calcolo del pedaggio, dove sarà lo Stato ad incassare i pedaggi e poi a girare ai concessionari una quota destinata a coprire i costi di gestione e le quote di ammortamento dell’opera realizzata.
Peccato solo che il sistema annunciato da Salvini paia essere una sorta di anatra zoppa, così come l’ha giudicata anche il presidente dell’Art, l’Autorità di regolazione dei trasporti, Nicola Zaccheo, perché sposta il rischio d’impresa totalmente sulle spalle dello Stato, perché il rischio del volume di traffico – spesso sovrastimato nelle previsioni di chi propone un’opera in concessione – debba poi essere sostenuto dal concedente, così come sta accadendo nel caso della Superstrada pedemontana veneta, dove la regione Veneto si è dovuta fare carico dei costi di costruzione per 12 miliardi da riconoscere ratealmente al gestore fino al 2059.
Sarebbe opportuno che il sistema del rinnovo delle concessioni autostradali a concessione scaduta cessasse, trasferendo il bene nelle mani del proprietario, ovvero lo Stato, che potrebbe gestirla alla stregua di qualsiasi altra strada e superstrada a transito libero. Sarebbe il sistema adottato in Spagna su 1.300 chilometri di autostrade a concessione scaduta diventate a libero transito.
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In Italia tutto ciò non è successo e, probabilmente, non succederà perché il progetto di Salvini prevede di mantenere in piedi il sistema dei pedaggi, quando si potrebbe sostituirlo, specie per coprire le spese di manutenzione, da parte del gettito derivante dall’imposizione sui carburanti italiani – i più cari del mondo – o da una vignetta, cosa che permetterebbe l’abbattimento dei costi di esazione che poi si riflettono sui costi scaricati sugli utenti.
Salvini dovrebbe darsi un po’ di coraggio e superare il sistema ereditato dai suoi predecessori, utilizzando la neonata società Autostrade dello Stato come braccio operativo del ministero per subentrare a tutte le concessioni scadute senza necessità di gara e avviare finalmente un profondo cambio di gestione delle infrastrutture.
Ma il rischio è che Salvini si dimostri un signor tentenna, che parla tanto ma agisce poco, con il risultato che dopo tanto movimentismo tutto torni alla casella di partenza dove a godere – e a guadagnare tanto – sono sempre i soliti noti, i concessionari.
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