Siete tra coloro che stanno pensando di acquistare un’auto nuova, magari un’auto elettrica ingolositi dai ricchissimi incentivi da 10.000 euro a fronte di una rottamazione di un veicolo Euro 2 e inferiori che dovrebbero decollare con l’arrivo di giugno dopo mesi di attesa? Bene, anzi, male, perché sono in agguato nuove tasse per colpire l’auto elettrica e mantenere invariato il gettito tributario da 31,9 miliardi di euro oggi garantito dalle accise sui carburanti.
Hanno creato scompiglio tra gli addetti del settore automotive, le parole pronunciate qualche giorno fa dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sul possibile piano del governo per introdurre delle accise anche sui rifornimenti per auto elettriche. L’obiettivo è di recuperare le risorse che oggi lo Stato incamera grazie alla fiscalità gravante su benzina e diesel ma non presente allo stesso livello asfissiante sull’energia elettrica che viene utilizzata per ricaricare i veicoli a batteria.
«In termini generali, la riforma fiscale del Governo parte della necessità di tenere presente l’evoluzione delle basi imponibili, coerentemente con la trasformazione del sistema economico – ha detto Giorgetti -. Come potremmo non considerare valida questa necessità anche per il settore automotive? Pensate all’effetto che avrà l’elettrificazione sullo spostamento delle accise dai carburanti alle nuove forme di alimentazione. Non si tratterà necessariamente di una riduzione del gettito, ma sicuramente di una sua significativa traslazione. È un ambito su cui il MEF ha iniziato a lavorare, anche in considerazione dell’aggiornamento della normativa europea sulla tassazione dei prodotti energetici e dell’obiettivo fissato da Repower di ridurre i sussidi ambientalmente dannosi».
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Le parole del ministro Giorgetti hanno allarmato il settore automotive elettrico e dal ministero si sono affrettati a gettare acqua sugli ardori fiscali, affermando che «quello del ministro è stato un ragionamento politico, non una proposta e anche i tecnici non ci stanno lavorando».
A pensare bene si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, affermava un famoso politico nazionale di lunghissimo corso ormai passato a miglior vita. E mai come in campo fiscale è sempre meglio pensare male. Anche perché il comparto automotive è già di suo ampiamente tartassato assicurando nel 2022 la bellezza di 71 miliardi di gettito alle sempre fameliche casse statali, di cui 31,9 miliardi derivanti dai carburanti, 55 miliardi dalle spese di utilizzo del veicolo e 12,3 miliardi dall’Iva su manutenzione, ricambi e pneumatici. Lo Stato guadagna dai carburanti circa il 60% di ciò che i consumatori pagano alla pompa quando si fa rifornimento attraverso imposte dirette (Iva al 22%) e indirette (accise).
Ma tanto è bastato per fare accendere le spie di allarme a Francesco Naso, segretario generale di Motus-E (l’associazione che raccoglie operatori industriali, filiera automotive, mondo accademico del settore elettrico), già di suo allarmato per il mercato dell’auto elettrica che in Italia non è mai decollato e che anche negli altri paesi europei sta rapidamente trasformandosi in un clamoroso flop a seguito dell’abolizione degli incentivi pubblici diventati insostenibili per i bilanci statali e dalla marcia indietro dei progetti delle varie case costruttrici.
Il rischio secondo Naso è che si scoraggino «i nuovi acquirenti italiani di veicoli elettrici con un nuovo argomento fatto di informazioni parziali mentre abbiamo un circolante BEV allo 0,5%».
Ma si apre anche un nuovo scenario decisamente poco incoraggiante. Se si sposteranno le accise dai carburanti all’energia elettrica, come la si mette tra coloro che ricaricano l’auto elettrica solo presso punti di ricarica pubblici – che nel 2024 scontano anche un fortissimo rincaro del costo a kWh del 50% ed oltre – che facilmente potrebbero essere gravati dalle accise e coloro che invece possono ricaricare presso punti privati come gli impianti domestici, magari alimentati da un impianto fotovoltaico e difficilmente tartassabili? Si andrà ad una complessiva rideterminazione delle tasse su tutta l’energia consumata, pure quella per alimentare le normali attività domestiche, per evitare sperequazioni e probabili truffe?
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