Economia europea avanti piano tra guerre belliche e daziarie

La Commissione europea ha diffuso i dati sulle previsioni di primavera. Italia meglio della media, ma zavorrata dal Superbonus e dai bassi redditi dei lavoratori.

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Economia europea

L’economia europea cresce piano, complice le tensioni internazionali tra guerre belliche e daziarie, che ammantano prospettive e scenari di una ripresa economica che c’è, non certo sostenuta, ma che potrebbe essere soffocata da fattori per lo più esterni.

Le previsioni economiche di primavera della Commissione europea disegnano un’Europa in ostaggio da incognite extra-europee, figlie della mancata programmazione di una reale indipendenza economica e produttiva degli ultimi anni.

La sintesi del documento redatto a Bruxelles la offre Paolo Gentiloni, commissario per l’Economia: «l’economia dell’Ue si è ripresa notevolmente nel primo trimestre 2024, indicando che abbiamo voltato pagina dopo un 2023 molto impegnativo». Date queste premesse, spiega, «ci aspettiamo una graduale accelerazione della crescita nel corso di quest’anno e del prossimo». Tuttavia, prosegue, «le nostre previsioni rimangono soggette a elevata incertezza e, con due guerre che continuano a imperversare non lontano da casa, i rischi al ribasso sono aumentati».

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La Commissionevede” la crescita dell’Eurozona allo 0,8% nel 2024 come nelle precedenti previsioni di febbraio. Ma rispetto a quei dati, i nuovi vengono tagliati di 0,1 punti percentuali per ciò che riguarda il 2025, con un Pil atteso all’1,4% anziché all’1,5%. Pesano i rallentamenti delle principali economie dell’area dell’euro, a cominciare da quella tedesca, vista come praticamente ferma quest’anno (0,1%). Crescita contenuta anche in Francia (0,7%), con l’Estonia addirittura in contrazione (-0,5%). In questo contesto, l’Italia farà meglio di molti altri nell’anno in corso (0,9%, con revisione al rialzo rispetto allo 0,7% di febbraio), ma faticherà il prossimo, con un Pil 2025 atteso all’1,1% anziché 1,2%, e solo la crescita tedesca (1%) sarà inferiore a quella italiana.

Le stime della Commissione uscente sono prudenziali, perché legate a fattori che sfuggono al controllo. Tra queste, viene sottolineato, «la persistenza dell’inflazione negli Stati Uniti potrebbe portare a ulteriori ritardi nei tagli dei tassi negli Stati Uniti e altrove, con conseguente inasprimento delle condizioni finanziarie globali».

A proposito di prezzi al consumo, l’analisi in chiaro-scuro della Commissione Ue mostra comunque ottimismo: «si prevede che l’inflazione continuerà a diminuire e raggiungerà l’obiettivo di riferimento del 2% leggermente prima nel 2025 rispetto a quanto previsto nelle previsioni intermedie invernali». Tradotto in cifre, per l’Eurozona questo implica una decelerazione dal 5,4% nel 2023 al 2,5% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. Rispetto alle stime di febbraio la Commissione taglia di 0,2 punti percentuali l’inflazione per l’anno in corso e di 0,1 punti percentuali per il prossimo.

Gentiloni si sofferma sulla palla al piede dell’Italia: «il debito pubblico è destinato ad aumentare leggermente l’anno prossimo, indicando la necessità di un consolidamento di bilancio proteggendo al tempo stesso gli investimenti». La Commissione Ue, rispetto alle previsioni autunnali, ne rivede il rapporto col Pil al ribasso per 2023 e 2024, rispettivamente al 137,3% (rispetto al 139,8%) e 138,6% (anziché 140,6%). Ma aggiunge quasi un punto per il 2025, dove si attende un debito al 141,7% del Pil e non più del 140,9%.

E il debito pubblico italiano è tale da portare il Paese ad una procedura per disavanzo eccessivo. Il 7,4% verrà ridotto al 4,4% alla fine del 2024, per poi risalire al 4,7% il 2025.

A gettare qualche ombra sulla corsa dell’economia europea arriva la produzione industriale europea che rallenta a marzo, registrando un incremento dello 0,6% su base mensile, indicando una diminuzione del ritmo di crescita rispetto all’aumento dell’1% rivisto al rialzo di febbraio.

Analizzando i vari settori dell’economia europea, si nota che la produzione di beni strumentali ha contribuito positivamente con un aumento dell’1%. Tuttavia, questo incremento è stato compensato da cali in altri settori: i beni di consumo non durevoli hanno registrato una diminuzione del 2,7%, i beni durevoli sono scesi dell’1,1%, mentre la produzione di energia e quella dei beni intermedi sono diminuite rispettivamente dello 0,9% e dello 0,5%.

Anche nell’intera Unione Europea (UE) la produzione industriale ha rallentato, con un incremento modesto dello 0,2% a marzo, in calo rispetto all’aumento mensile dello 0,9% registrato a febbraio. Considerando la variazione su base annua, i dati mostrano una flessione dell’1,0% sia per l’Eurozona che per l’UE, evidenziando un quadro di generale debolezza nella produzione industriale.

A pesare sulla bassa crescita dell’economia europea e, soprattutto di quella italiana, c’è il basso livello dei redditi che hanno subito la falcidia dell’inflazione. Tra il 2013 e il 2023 il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5%, mentre nelle altre maggiori economie dell’Ue27 è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1% della Francia e il 5,7% della Germania.

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