Pensioni: nel I trimestre 2024 cala del 16% il numero di nuove emissioni

Quote e stretta su anticipate riducono a 187.000 i nuovi assegni erogati dall’Inps. Ancora irrisolto il nodo del taglio del prelievo fiscale del 26% sui rendimenti dei fondi previdenziali privatizzati dei professionisti e dei lavoratori autonomi.

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Nei primi tre mesi del 2024 sono state liquidate dall’Inps 187.000 nuove pensioni, il 16,16% in meno rispetto allo stesso periodo del 2023: il dato, secondo quanto emerge dalle tabelle dell’Osservatorio Inps sui flussi di pensionamento, è legato alla stretta introdotta dalla legge di Bilancio sulle uscite anticipate, ma anche al calo dei nuovi assegni di vecchiaia, di invalidità e ai superstiti.

Per la vecchiaia la spiegazione potrebbe essere legata all’uscita anticipata di buona parte delle coorti che nel 2024 avrebbero raggiunto l’età di vecchiaia grazie alle diverse Quote. In pratica i lavoratori nati nel 1957 che avrebbero raggiunto nel 2024 l’età di vecchiaia potrebbero essere usciti nel 2019 a 62 anni avendo almeno 38 anni di contributi grazie a Quota 100.

L’importo medio delle nuove pensioni è di 1.225 euro, con grandi differenze tra le gestioni (888 euro medi per le pensioni di vecchiaia e 2.017 per quelle anticipate, legate a un numero più alto di contributi) e tra i settori, con i dipendenti pubblici con le pensioni medie più alte.

La differenza maggiore è legata al genere con le nuove pensioni liquidate alle donne che valgono in media 999 euro a fronte dei 1.473 medi degli uomini (il 32% in meno). Il dato risente delle carriere contributive più corte e delle retribuzioni in media più basse delle donne, ma anche del più basso tasso di occupazione femminile.

Per gli uomini le nuove pensioni ai superstiti (la cosiddetta reversibilità) sono meno del 10% di quelle complessive con decorrenza nel primo trimestre, mentre per le donne sono oltre il 41% del totale, a testimonianza della maggiore durata in vita delle mogli rispetto ai mariti.

Per le donne c’è stato un crollo degli accessi ad “Opzione donna”, con 1.276 uscite a fronte delle 11.514 dell’intero 2023 dopo l’innalzamento di un anno del requisito dell’età.

Le nuove pensioni liquidate con decorrenza tra gennaio e marzo sono 86.031 per i lavoratori dipendenti del settore privato con un importo medio mensile di 1.446 euro e 57.332 per l’insieme dei lavoratori autonomi (coltivatori diretti, artigiani e commercianti) per 867 euro medi al mese. Le pensioni liquidate ai dipendenti pubblici sono state 18.905 per 2.268 euro medi grazie soprattutto al peso dei trattamenti anticipati che sono oltre la metà del totale (10.287) per un importo medio di 2.483 euro. Per i parasubordinati sono stati liquidati con decorrenza nel primo trimestre 9.752 assegni per 221euro medi al mese. Gli assegni sociali sono l’unica categoria in crescita sul primo trimestre del 2023 con 24.955 assegni e 497 euro medi al mese.

Il settore che ha avuto il calo più consistente per gli assegni è quello dei dipendenti pubblici con il passaggio da 29.059 a 18.905 pensioni liquidate (-34,94%) con un calo registrato per la vecchiaia e le anticipate ma soprattutto per le invalidità (da 1.192 a 225 assegni) e i superstiti (da 11.076 a 4.602). Se si escludono i parasubordinati e gli assegni sociali le pensioni anticipate rispetto all’età di vecchiaia con decorrenza nel primo trimestre sono state 56.660 con un calo del 10,83% mentre quelle di vecchiaia sono state 40,475 con un calo del 14,97%. Il calo più consistente si è avuto per gli assegni ai superstiti (46.770, -26,3%).

Emerge il forte divario economico tra le pensioni dei dipendenti pubblici con quelli del settore privato e degli autonomi, con quest’ultimi particolarmente penalizzati, specie se afferenti alle casse previdenziali privatizzate che vedono ancora attiva la “taglia” del 26% sui rendimenti annui maturati imposta dal governo Renzi, che finisce con l’impoverire il monte pensionistico di un’ampia fascia di lavoratori iscritti agli ordini professionali e degli autonomi che si vedono liquidate pensioni contributive che si avvicinano sempre di più all’importo della pensione sociale pure a fronte di ingenti versamenti.

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