Effetti del Superbonus sul debito: Fitch lo prevede sopra il 142% nel 2027

Bankitalia propone stop anticipato per frenare ulteriori danni al bilancio pubblico.

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Gli effetti del Superbonus sul debito italiano sono esplosivi: è destinato a volare sopra il 142% del Pil nel 2027. Ad accendere un nuovo allarme sugli effetti del Superbonus è l’agenzia di rating Fitch che tratteggia nelle proprie previsioni una «traiettoria un po’ più ripida» rispetto a quanto previsto dal governo nel Def.

Il tiraggio della norma voluta dal governo Conte 2 è «significativamente più forte delle attese» del Superbonus nel 2023, con una corsa a chiudere i contratti nell’ultima parte dell’anno, farà volare il rapporto debito/Pil al 142,3% nel 2027 «su ipotesi macroeconomiche e di bilancio meno favorevoli», prevede Fitch: un livello ben superiore al 139,6% previsto dal governo.

Ma l’agenzia di rating, che si prepara a svelare il 3 maggio prossimo il proprio giudizio sull’Italia, tratteggia una risalita più ripida del debito su tutto l’orizzonte di previsione: 138,4% quest’anno, 139,5% nel 2025, 141,6% nel 2026 (contro le previsioni del Def di un 137,8% nel 2024, 138,9% nel 2025 e 139,8% nel 2026). Numeri che rischiano di intricare il rebus manovra, che parte dalla ricerca di 20 miliardi solo per rinnovare il taglio del cuneo e l’Irpef a tre aliquote. E che potrebbe crescere ulteriormente per rispettare i nuovi vincoli europei per la riduzione del debito e il pagamento degli interessi. Proprio «lo spazio di manovra ridotto – avverte Fitchpotrebbe complicare le misure di politica fiscale ed economica e inasprire le tensioni all’interno della maggioranza». Con buona pace di coloro che armeggiano a scopi preelettorali attorno all’ennesimo bonus da 100 euro legato alle tredicesime per i bassi redditi che già ora non pagano tasse e che finiscono con l’allargare la disparità fiscale con i disgraziati che guadagnano oltre 35.000 euro lordi all’anno, su cui pesa il 63% dell’intero gettito tributario nazionale.

Gli sforzi del governo per contenere l’emorragia del Superbonus intanto proseguono. L’ultima stretta l’ha impressa il decreto approvato a sorpresa in consiglio dei ministri il 26 marzo: il testo è all’esame della commissione Finanze del Senato, dove i partiti hanno presentato 355 emendamenti. Si va dalla richiesta di coinvolgere i comuni nei controlli ai cantieri del 110%, alle deroghe per il Terzo settore e alcune zone colpite da sisma o alluvioni, oltre alla proposta di estendere da 4 a 10 anni i tempi di utilizzo dei crediti del Superbonus, su cui si è già detto favorevole il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in quanto permetterebbe di alleggerire l’impatto sul debito e avrebbe molte possibilità di essere approvata, replicando quanto fatto già lo scorso anno per le spese del 2022.

A mettere in guardia sugli effetti del Superbonus è la Banca d’Italia, che evidenzia come l’incentivo sia costato finora quasi l’8% del Pil: un conto destinato a lievitare con i crediti del 2024-25, «il cui importo – puntualizza via Nazionale – è di difficile valutazione, data anche l’incertezza delle recenti modifiche normative». Il nuovo decreto è «un passo necessario», ma vanno evitati «allentamenti rispetto al testo originale», osserva Bankitalia, che prefigura uno scenario finora mai ipotizzato: «se neppure le nuove restrizioni dovessero frenare l’accumularsi dei crediti, l’unica via sarebbe l’eliminazione del Superbonus prima della sua naturale scadenza alla fine del prossimo anno».

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