Consumi fuori casa in ripresa nel 2023, dopo aver sofferto le turbolenze del 2022, con il fatturato di bar e ristoranti in salita a 92 miliardi di euro, il 7% in più rispetto al periodo pre Covid, e afflusso di lavoratori dipendenti in aumento a 1,4 milioni (+6,4% sul 2022); il valore aggiunto del settore ammonta a oltre 54 miliardi a prezzi correnti (+3,9%).
C’è soddisfazione nella Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) Confcommercio, che ha presentato il rapporto “Ristorazione 2024”, perché «la voragine generata dall’emergenza pandemica è definitivamente dietro le spalle». E a dimostrarlo, ha spiegato il presidente Lino Enrico Stoppani, è anche una forte spinta agli investimenti: nel 2023 un imprenditore su due (a dicembre scorso erano 331.888 le imprese della ristorazione) ha puntato nel rinnovo delle attrezzature e nel potenziamento digitale e per il 2024 è stato annunciato un piano di investimenti che sfiora i 4 miliardi.
In un video messaggio, il ministro delle Imprese e del “Made in Italy”, Adolfo Urso, ha rilevato che «il settore della ristorazione è vicino alla gente, con il 29% gestito da donne e il 13% da under 35, e dimostra la capacità di rinnovarsi costantemente attraendo nuovi talenti. I titolari stranieri sono il 14% totale che evidenzia il ruolo dell’Italia crocevia di culture anche nella ristorazione». Sottolineando che «questa capacità di saper coniugare diversità senza disperdere la tradizione è una delle nostre grandi ricchezze», Urso ha assicurato che «il governo è al vostro fianco impegnato a sostenere la crescita e iniziative specifiche perché sappiamo quali sfide affrontate ogni giorno».
Tornando al rapporto sui consumi fuori casa di Fipe, i prezzi sono cresciuti del 5,8% «tra i valori più contenuti a livello dei 27 Paesi della Ue», ha commentato Stoppani. Il 2023 fa registrare un incremento degli esercizi di bar e ristoranti (+6,5% sul 2022) a testimonianza della vitalità del settore ma su questo fenomeno si allunga, tuttavia, l’ombra dei tanti insuccessi imprenditoriali. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla nascita è di poco più del 50%: cessano l’attività 4,6 imprese su 10 per varie ragioni, a partire dalla liberalizzazione «perché tutto è concesso a tutti» ha detto Stoppani, parlando di improvvisazione, dequalificazione, infiltrazioni malavitose, mala movida.
A proposito del decreto flussi, sono state 690.000 le richieste nel settore a fronte di 150.000 disponibilità. Nel 2023 si è totalmente riassorbita l’emorragia dei contratti a tempo indeterminato, cresciuti di oltre 11.000 unità rispetto al 2019, e oggi costituiscono la forma prevalente dei rapporti di lavoro nel settore (58,5%).
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