Riparte l’attività mineraria in Italia e in Europa dopo decenni d’abbandono

Le necessità geostrategiche impongono l’allentamento dalla dipendenza sempre più pericolosa dai monopoli cinesi che, oltre al litio e nickel, si espandono pure al rame.

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Su spinta dell’Unione europea, riparte l’attività mineraria dopo decenni di abbandono e in Italia il governo Meloni s’appresta nelle prossime settimane ad emanare un decreto per riattivare i riti minerari e il recupero delle discariche a bocca di miniera che, con le tecnologie moderne, potrebbero dare un forte impulso alla produzione di materie prime strategiche come cobalto, nickel e rame.

A metà aprile arriverà un decreto sulle concessioni minerarie «per assicurare una catena di approvvigionamento delle materie prime critiche sicura e di rapida attuazione e per promuoverne il riciclo» ha detto il ministro delle Imprese e del “Made in Italy”, Adolfo Urso, ricordando che in Italia sono presenti 16 delle 34 materie prime critiche, e «oggi le nuove tecnologie consentono di riattivare miniere chiuse oltre 30 anni fa», come quelle di cobalto, nichel, argento in Piemonte, litio nel Lazio o terre rare in Sardegna, «nonché sfruttare i rifiuti minerari accumulati nei decenni passati che ammontano a 70 milioni di metri cubi».

Il decreto del governo Meloni s’inserisce all’interno della strategia europea che punta a diminuire la dipendenza dai Paesi extra Ue, su tutti la Cina che negli ultimi anni ha attuato politiche di filiera integrate volte a diventare monopolista di fatto di numerosi minerali, dal litio indispensabile per la produzione di batterie, al nickel strategico per la produzione delle batterie di nuova generazione e dell’acciaio inossidabile, per finire con il cobalto e pure con il rame, elemento sempre più scarso sui mercati e, conseguentemente, sempre più caro per via delle richieste per la produzione di motori elettrici, reti di trasmissione elettrica e l’impulso alla digitalizzazione dell’economia.

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L’Europa – e l’Italiaha colpevolmente abbandonato la produzione interna di materie prime sulla spinta dei maggiori costi di lavorazione e sull’impatto ambientale, preferendo nel tempo l’importazione, salvo trascurare la creazione di quelle filiere integrate che invece la Cina ha realizzato, assicurandosi nei paesi in via di sviluppo l’accesso alla disponibilità di siti strategici in cambio di opere di infrastrutturazione dei paesi, lucrando così due volte e assicurandosi uno stretto controllo economico, sociale e pure politico su queste realtà.

Si vedrà come il decreto emanando regolerà il settore. Di sicuro, riparte l’attività mineraria e la priorità va al recupero di quelle discariche di materiale estratto e di minerali a basso tenore che non era conveniente lavorare con le tecnologie di qualche decennio fa, ma che oggi è possibile, oltretutto andando a ridurre l’impatto ambientale di alcuni siti che spesso venivano realizzati senza alcuna tecnica di prevenzione dell’inquinamento da dilavamento e da percolato.

Il passo successivo sarà la riattivazione delle miniere già coltivate e l’attivazione di nuovi siti, anche se questo comporterà molto più tempo per via delle pastoie burocratiche e autorizzative.

Altra realtà che potrebbero essere interessate sono le discariche di rifiuti urbani, specie quelle più vecchie dove fino alla fine dello scorso secolo, con la raccolta differenziata agli albori, in questi impianti finiva di tutto in modo indifferenziato. Qui, si potrebbero ricavare materiali plastici da avviare ai trattamenti chimici per ottenere nuovi elementi di base o avviarli alla termovalorizzazione energetica, e materiali metallici di pregio, dal ferro all’alluminio e al rame, con in più il vantaggio di bonificare siti ambientalmente poco curati.

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