Il nuovo decreto sul Superbonus 110% non è ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale – e quindi operativo -, ma Forza Italia, presa in contropiede dal blitz del ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti in consiglio dei ministri, già punta a «migliorarlo».
Il nodo principale riguarda lo stop allo sconto in fattura e alle cessioni del credito per le onlus, le case popolari e, soprattutto, per le zone terremotate o colpite da emergenze meteorologiche come le alluvioni, tanto che, nella versione definitiva del testo, qualche dettaglio potrebbe essere ammorbidito. Le norme non saranno retroattive, salvaguardando chi, in vario modo, ha già avviato l’iter per i lavori. Di fatto però si cancellano i meccanismi di facilitazione che altrimenti sarebbero rimasti in vigore fino al 31 dicembre 2025.
L’articolo 1 della bozza del decreto – ancora non bollinato e pubblicato, quindi passibile fino all’ultimo di modifiche – prevede la stretta per il terzo settore, per le cooperative di abitazioni e per gli Iacp (lasciando invece inalterate le norme a favore degli spogliatoi delle società sportive dilettantistiche).
Ci saranno eccezioni, piuttosto articolate e complesse, per chi si è in qualche modo già mosso prima dell’entrata in vigore del decreto. In casi diversi dai condomini, sconto e cessione saranno infatti ancora sfruttabili per i lavori per i quali sia già stata presentata la Cila. Per gli interventi condominiali, le vecchie regole varranno invece nel caso sia stata adottata la delibera assembleare sui lavori e sia stata presentata la Cila. Le deroghe scattano anche nel caso sia stato richiesto un titolo abilitativo per demolizione e ricostruzione rientranti nel Superbonus 110%.
Per i lavori diversi da quelli agevolati con il maxisconto, cessione e sconto restano in vigore se risulta presentata la richiesta di titolo abitativo. Nel caso il titolo non sia necessario, saranno comunque salvi i lavori già iniziati o quelli non ancora cominciati ma nei quali sia stato già stipulato «un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo». Due deroghe queste ultime che valgono anche per le barriere architettoniche.
Il decreto dispone inoltre anche un più attento monitoraggio delle spese da parte dell’Enea a cui è obbligatorio comunicare le informazioni sui cantieri, pena una multa di 10.000 euro. Attualmente il contatore ufficiale dell’Agenzia è fermo a febbraio a poco più di 114 miliardi di euro ma quello del governo, illustrato ieri nel Consiglio dei ministri, è arrivato a 147 miliardi e potrebbe salire ancora fino a sfiorare quota 200 miliardi, rispetto ai 30 inizialmente previsti dal governo Conte.
Le esigenze dei conti pubblici di fronte agli oneri mostruosi per lo Stato causate dalla ristrutturazione “aggratis” di Conte & C. (oltre a M5s, Lega Salvini, Pd, Azione, Italia Viva, AVS e Forza Italia: tutte forze politiche che hanno supportato i governi Conte I e II e il Draghi) sono chiare a tutti, non solo a Giorgetti che teme la «maledizione» del Superbonus 110% sui conti pubblici, che già nel 2023 aveva fatto balzare il debito/pil ad oltre il 7%.
Il problema è la copertura dei costi per tutti coloro che non hanno sufficiente capienza fiscale nell’ambito dei 10 anni di recupero ordinario dei bonus fiscali. Già molti rimasti a cavallo tra il calo del Superbonus dal 110% al 70% si trovano con il coprire la differenza di tasca propria, con notevoli problemi a scucire cifre anche di decine di migliaia di euro. Se poi si considera la capacità di recupero fiscale, questa potrà essere totale per chi guadagna – e dichiara – in modo consistente superiore alla media italiana. Per un pensionato o un lavoratore con 1.200-1.500 euro al mese potrebbero esserci difficoltà a scontare fiscalmente in 10 anni il bonus, aumentando così la quota che rimane a carico del proprietario dell’immobile.
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