Autonomia differenziata: secondo il Gimbe la sanità al Sud collasserà

Cartabellotta: «disastro anche per Regioni forti, a causa mobilità sanitaria». Calderoli: «da Gimbe catastrofismo e politica».

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2015
Autonomia differenziata

Sull’autonomia differenziata in corso di approvazione al Parlamento, piomba il commento tranciante della Fondazione Gimbe, secondo cui non solo «porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma darà anche il colpo di grazia al Ssn, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti».

Nino Cartabellotta, presidente del Gimbe, illustrando i risultati del reportL’autonomia differenziata in sanità” che esamina le criticità del ddl Calderoli approvato al Senato e ora in discussione alla Camera, analizza il potenziale impatto sul Ssn delle maggiori autonomie richieste dalle Regioni in materia di “tutela della salute”.

Previsioni a tinte fosche, quelle della Fondazione Gimbe, che fanno parlare il Pd «di bomba a orologeria su Sud e Ssn» e di «ragioni sufficienti per fermare l’autonomia differenziata». Nel report, Cartabellotta ricorda «gli enormi divari in ambito sanitario tra il Nord e Sud del Paese, documentati dal 2010, che sollevano preoccupazioni sull’equità di accesso alle cure».

Numerosi gli esempi al riguardo fatti dal presidente della Fondazione Gimbe: nessuna regione del Sud nella “Top 10” dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) nel decennio 2010-2019; una mobilità sanitaria dal CentroSud al Nord, con tutte le regioni del Sud ad eccezione del Molise che hanno accumulato in totale un saldo negativo pari a 13,2 miliardi di euro nel periodo 2010-2021.

«Complessivamente, questi dati – aggiunge Cartabellottaconfermano che in sanità persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali. L’attuazione di maggiore autonomia in sanità, richiesta proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie, non potrà che amplificare le diseguaglianze già esistenti».

Ma a rischio non è solo il meridione: l’ulteriore indebolimento dei servizi sanitari nel Mezzogiorno, infatti, rischia di generare un «effetto paradosso» nelle ricche regioni del Nord che, per la grave crisi di sostenibilità del Ssn, non possono aumentare in maniera illimitata la produzione di servizi e prestazioni sanitarie. Di conseguenza, un massivo incremento della mobilità verso queste regioni rischia di peggiorare l’assistenza sanitaria per i propri residenti. La Fondazione Gimbe conclude rinnovando la richiesta di eliminare la tutela della salute dalle competenze previste nell’attuazione dell’autonomia differenziata per le regioni ordinarie che la richiedano.

Il giudizio tranciante di Cartabellotta è stato rispedito al mittente dal ministro agli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli: «il report della Fondazione Gimbe fotografa un fallimento della sanità nel Mezzogiorno e una difficoltà anche nelle Regioni del Nord in sanità, a legislazione e a Costituzione vigenti. Il report, comunque, si dimentica che la vituperata sanità parzialmente regionalizzata viene classificata in tutte le graduatorie mondiali tra le “Top ten” e, secondo Bloomberg, addirittura al terzo posto a livello mondiale. Per cui, con buona pace del Gimbe, noi stiamo male, ma non troppo, e tutto il resto del mondo sta peggio».

Per Calderoli «l’autonomia differenziata è stata proposta per rimediare al disastro del Sud e ai problemi del Nord, quindi per rendere più efficienti le prestazioni in tutto il Paese. Le regioni che vorranno accettare la sfida potranno raggiungere questo obiettivo. Quelle che vorranno accettare il rimedio di Gimbe, ovvero “quieta non movere”, saranno destinate a rimanere nel disastro rappresentato dalla Fondazione. Ci sono tanti aspetti da correggere nel sistema Paese, a partire dalla sanità? Sì, sono il primo a riconoscerlo. Sta di fatto che il tanto contestato ministro Calderoli, proponente dell’autonomia differenziata, è stato quello che, come ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, ha conseguito, con i ministri di settore e in Conferenza Stato-Regioni, un riparto del Fondo sanitario nazionale non solo basato sul parametro dell’età media di vita, ma anche su altri parametri, quale l’indice di mortalità e quello di deprivazione. Sono parametri sufficienti? Forse no – spiega ancora Calderoli – ce ne vorranno altri per individuare il reale fabbisogno delle regioni in campo sanitario, ma è paradossale che ad aprire questa strada sia un ministro accusato di dividere il Paese e di aumentare i divari. A me sembra di avere fatto il contrario e intendo proseguire su questa linea, piaccia o non piaccia a Gimbe e agli altri catastrofisti del Paese».

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