La solidità del governo Meloni paga sui mercati internazionali, con il differenziale tra i titoli di Stato italiani e tedeschi ai minimi dal 2021, a 116 punti, una quota molto vicina a quei 100 punti raggiunti dal governo Draghi a fine 2021.
Un dato salutato con legittima soddisfazione dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che rivendica i meriti del Governo: «tre o quattro mesi fa, pochi potevano immaginare che il differenziale oggi, a metà marzo, potesse essere di 123 punti base», con i mercati continuano a premiare il debito italiano, sperando che questo cammino continui, magari abbattendo “Quota 100” (che non è quella propalata da Salvini durante il Conte Uno).
Il differenziale tra i titoli Btp-Bund è sceso fino a 116 punti base (prima di chiudere a 127 sulle incertezze per la Fed di fronte a un’inflazione ostinata), raggiungendo il livello più basso dal novembre 2021, quando dopo essere sceso fin sotto 100 aveva poi ripreso a correre fino ai 250 dell’estate 2022 in vista del ritiro del sostegno di Lega e Forza Italia al governo dell’ex presidente Bce.
Meno di un anno fa, il differenziale tra i titoli Btp-Bund viaggiava a 200 punti, con gli investitori memori dei toni anti-europei di buona parte della maggioranza e l’aggravante della guerra in Ucraina, mentre ora è in calo costituendo «forse la maggiore sorpresa degli ultimi 18 mesi» secondo il capo economista di Unicredit. Citigroup ipotizza un’ulteriore discesa a 100-110 punti base, altri sono prudenti specie di fronte ai segnali d’inflazione persistente dagli Usa.
Le attese per tre tagli dei tassi Bce a partire da giugno aiutano, con le “colombe” tornate a farsi sentire, come il governatore greco Yannis Stournaras che ne chiede due prima di agosto e quattro prima di fine anno.
Anche se il debito pubblico italiano risente del fardello grillino del Superbonus edilizia, il cammino di riduzione del debito italiano è impostata, anche se sarà faticosa. L’indebitamento netto è atteso in calo, ma l’Italia continuerà a beneficiare dei fondi del “Next Generation Eu”. La crescita dell’Italia – fra export e investimenti (dove gioca un ruolo il Pnrr) tiene, specie se raffrontata a una Germania ancora in difficoltà.
E dagli ambienti finanziari trapela un effetto-fiducia, fra gli investitori esteri, legato al massiccio ritorno dei risparmiatori: qualcosa come 180 miliardi di euro di sottoscrizioni di titoli di Stato da parte delle famiglie da quando la Bce ha iniziato la sua stretta monetaria nell’estate 2022, fino al maxi-collocamento da oltre 180 miliardi del Btp valore a inizio marzo. Soldi che hanno più che compensato i 40 miliardi usciti dalla pancia della Bce con il suo “quantitative tightening”, iniettando fiducia in tanti che temevano l’uscita della Bce come compratore di debito. Cosa che ha contribuito a ridurre il differenziale tra i titoli Btp-Bund.
Qualcuno ipotizza che proprio il calo dei tassi Bce, quando porterà i Btp sotto il 3%, potrebbe togliere l’appetito per un investimento che oggi somma un rendimento elevato alla solidità della rete di protezione europea. Ma altri – come Nielsen – ricordano c’è ancora spazio: ad oggi i Btp sono al 6% del portafoglio totale delle famiglie italiane, nel decennio precedente la grande crisi finanziaria erano al 10%.
Se l’Italia va abbastanza bene, comunque meglio della media europea, la Germania arranca sempre di più, con la fuga degli investimenti che prosegue senza sosta. A certificarlo lo studio di un centro studi vicino agli imprenditori tedeschi che lancia l’allarme: gli investitori – non solo stranieri – hanno perso fiducia nella massima economia dell’Ue, resa poco attraente da una velenosa miscela di costi e burocrazia a fronte di infrastrutture non più all’avanguardia come quando la Bundesrepublik era la locomotiva economica europea. Dopo aver raggiunto livelli record nel 2021 e nel 2022, il “deflusso” di investimenti esteri diretti verso la Germania ha toccato i 94 miliardi di euro, tra i valori più elevati dall’inizio delle rilevazioni nel 1971, spiega l’Istituto dell’economia tedesca (Iw).
Il flusso di investimenti verso l’economia tedesca nel 2023 è stato il più basso dal 2014, mentre le stesse aziende tedesche continuano a espandersi soprattutto nei Paesi limitrofi, come emerge ancora dallo studio. In particolare nella chimica, il terzo maggiore settore industriale della Germania, quest’anno otto aziende su dieci contano di lasciare invariati o di aumentare i loro investimenti all’estero.
Lo studio dell’Iw mostra ancora come molti capitali stanno uscendo nell’ombra creata dai luminosi annunci di grandi investimenti stranieri in Germania, da Microsoft nell’Ia e Intel per i chip. La debolezza degli investimenti non è un fenomeno solo tedesco, ma paneuropeo come dimostra il fatto che nessuno dei 20 miliardi di dollari stanziati da Exxon Mobile per le tecnologie verdi finirà nell’Ue.
Come ha certificato l’istituto di statistica tedesco, la debolezza degli investimenti è la causa principale dell’attuale contrazione dello 0,3% registrata nel 2023 dal Pil della Germania. Pesano «i costi elevati, la burocrazia estenuante e le infrastrutture non funzionanti», come ha sintetizzato l’Iw, notando che «le aziende straniere ci pensano due volte prima di investire un euro in Germania».
Un altro istituto di ricerca economico, l’Ifw di Kiel, denuncia anche «un’elevata incertezza sul fronte della politica economica» e «condizioni di finanziamento» sfavorevoli, complice anche i buchi nel bilancio statale tedesco scavati dalle sentenze della Corte costituzionale che ha vietato la prassi dell’utilizzo dei fondi fuori bilancio.
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