La sanità italiana rischia un’involuzione se il taglio delle tariffe imposto dal ministero della Sanità alle strutture convenzionate per le prestazioni specialistiche sarà confermato, visto che i nuovi livelli tariffari non coprono i costi di erogazione, diventando non più economico erogarle, con i prevedibili effetti negativi sui già insostenibili tempi di accesso per l’erogazione delle prestazioni specialistiche.
«Il nuovo tariffario per specialistica ambulatoriale e per diagnostica per immagini, che “rischia” di entrare in vigore dal primo di aprile, non si configura come uno scherzo, nonostante la beffarda congiuntura temporale – attacca il presidente di Unimpresa Sanità, Giancarlo Greco -. Gli erogatori di prestazioni in convenzione con il sistema sanitario nazionale rischiano il vero e proprio default organizzato e non è solo questo il tema vero perché a rimetterci persino di più saranno i pazienti costretti a veder lievitare inevitabilmente le liste di attesa. Siamo certi che vi è tempo e modo per porre rimedio, il nostro spirito è costruttivo e mai pregiudiziale».
Per Greco «ora è il momento della denuncia e, se il caso, della lotta. Il problema viene da lontano e non è certo di sola pertinenza di questo governo nazionale, ma è pur vero che si rischia di peggiorare ulteriormente la situazione e non a caso il ministro Schillaci rinvia di trimestre in trimestre l’entrata in vigore del tariffario proprio perché si rende conto per primo di cosa significherebbe per erogatori di prestazioni e pazienti».
Greco ricostruisce l’iter della definizione delle nuove tariffe: «negli anni il costo effettivo delle prestazioni specialistiche da erogare è lievitato considerevolmente; nel mentre le relative tariffe per la copertura in convenzione non solo non hanno seguito il passo, ma sono andate a diminuire. Il rischio è di configurare una diseconomia, una non convenienza delle strutture stesse ad operare in convenzione rispetto a quanto corrisposto dal mercato totalmente privato. Cosa che ci auguriamo non debba mai avvenire perché siamo consapevoli del nostro ruolo fondamentale all’interno del sistema Italia. Il danno, così messe le cose, è tutto per il paziente in convenzione che evidentemente non troverà priorità in lista d’attesa perché ai primi posti ogni clinica tenderà, con queste tariffe diseconomiche, a privilegiare erogazioni private. Non per scelta sociale o di business. Ma per sopravvivenza di bilancio».
Secondo il presidente di Unimpresa Sanità «le tariffe Drg sono vecchie di 11 anni, quelle per specialistica ambulatoriale di 20. Il Drg incide sugli interventi chirurgici. La specialistica e diagnostica per immagini per tutto quello che riguarda visite specialistiche, Tac, colonoscopie, mammografie, visite cardiologiche e via così. Siamo nella “carne viva” del sistema sanitario. Come hanno già sottolineato Pellissero di Aiop e Bebber dell’Aris (le strutture ecclesiastiche che affiancano il servizio sanitario nazionale sin dalla sua istituzione nel 1978) la situazione in prospettiva è drammatica».
Greco commenta la nuova proposta economica: «22 euro per una visita specialistica con un crollo del 30% di rimborso. È evidente che ogni struttura perderà 25 euro a prestazione, in considerazione dei costi necessari all’erogazione del servizio. Per una colonscopia, la struttura perderebbe 85 euro a prestazione, 130 euro per interventi un tantino più delicati. È sostenibile un sistema del genere? Dove si vuole arrivare, al collasso del sistema sanitario nazionale e al trionfo del privato “privato”, l’erogazione tutta “intranea” al mercato che tanto conviene ad alcune strutture e ad alcuni medici? Noi confidiamo nella saggezza e prudenza del ministro Schillaci. Questo nuovo tariffario non solo è opportuno non entri mai in vigore, ma riteniamo che vada fatta una revisione complessiva tanto delle tariffe stesse quanto del Drg. L’impianto sanitario nazionale pubblico è un vanto per il Paese e tra i pochi in Europa. Basta niente in una situazione del genere per farlo saltare».
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