Il caro tassi Bce falcia l’erogazione dei mutui casa

Secondo Unimpresa mercato del credito sempre più difficile per famiglie ed imprese.

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caro tassi Bce

Le conseguenze sul mercato del credito dopo un anno di caro tassi Bce sempre in crescita e arrivati al 4,5% sono pesantemente negative per l’economia di famiglie ed imprese secondo un’analisi dell’Ufficio studi di Unimpresa.

Nel corso del 2023, il caro tassi Bce ha causato il taglio di 40 miliardi di euro, a un ritmo superiore a 3 miliardi al mese, dei prestiti bancari destinati alle imprese e alle famiglie; e sono salite di oltre il 16% le sofferenze nette degli istituti di credito, spia di una difficoltà, da parte della clientela, a gestire l’indebitamento finanziario con i tassi in aumento.

Calano i mutui casa, con una discesa di oltre 2 miliardi (-0,54%), e scendono anche i prestiti personali, in diminuzione di 14 miliardi (-10%); mentre continua a salire il credito al consumo, che ha registrato una variazione positiva di oltre 6 miliardi (+5%).

Secondo il rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, il totale dei finanziamenti è passato da 1.328 miliardi a 1.288 miliardi. «Ci stiamo avvitando in una pericolosa spirale negativa – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora -: il costo del denaro alle stelle per il caro tassi Bce sta favorendo solo le banche, che macinano utili stellari e distribuiscono dividendi straordinari agli azionisti. Mentre i primi cinque gruppi portano a casa profitti per oltre 20 miliardi di euro, i prestiti alle imprese e alle famiglie calano. La gestione delle banche è miope: senza un adeguato sostegno all’economia reale, il ciclo economico subirà sempre più pesanti contraccolpi, a danno di tutti gli attori».

L’auspicio di Spadafora «è che la Bce cambi atteggiamento e annunci quanto prima di voler avviare la riduzione dei tassi entro giugno, senza aspettare il secondo semestre 2023».

Più nel dettaglio, i prestiti destinati alle aziende sono passati dai 647,5 miliardi di dicembre 2022 ai 617,9 miliardi di dicembre scorso, con una diminuzione di 29,5 miliardi (-4,56%). Sono fortemente diminuiti sia i finanziamenti a breve termine (fino a 1 anno di durata), passati da 145,4 miliardi a 141,4 miliardi in calo di 3,9 miliardi (-2,72%), sia quelli di lungo periodo (con scadenza superiori a 5 anni), passati da 347,1 miliardi a 321,5 miliardi in discesa di 25,5 miliardi (-7,37%). Fermo il credito di medio periodo (fino a 5 anni), aumentato di appena 41 milioni (+0,031%) da 154 miliardi e 822 milioni a 154 miliardi e 863 milioni.

Sul fronte delle famiglie, si registra un calo, nell’anno osservato, di 10,1 miliardi (-1,49%) da 680,5 miliardi a 670,4 miliardi. La diminuzione è legata principalmente all’andamento fortemente negativo dei prestiti personali, calati di 14,1 miliardi (-10,16%) da 138,7 miliardi a 124,6 miliardi. Cresce, invece, il credito al consumo, seppur a un ritmo nettamente inferiore rispetto agli scorsi anni: l’aumento è di 6,2 miliardi (+5,44%), da 114,8 miliardi a 121,1 miliardi. Cala il mercato dei mutui: lo stock è passato da 426,9 miliardi a 424,6 miliardi con una variazione negativa di 2,3 miliardi in 12 mesi (-0,54%).

La politica monetaria restrittiva definita dalla Banca centrale europea porta conseguenze negative anche sul fronte del credito ammalorato: le sofferenze nette delle banche, quelle non coperte da garanzie reali, sono cresciute di 2,3 miliardi (+16,64%), da 14,2 miliardi a 16,6 miliardi, mentre sono calate di 348 milioni (-1,15%) le sofferenze lorde, passando da 31,1 miliardi di dicembre 2022 a 29,7 miliardi di dicembre 2023.

In generale, sono diminuite, su base annua, le sofferenze di quasi tutte le categorie di clientela: quelle delle famiglie sono scese di 1,1 miliardi (-10,52%), da 9,7 miliardi a 8,7 miliardi; quelle delle imprese familiari sono diminuite di 199 milioni (-9,19%), da 2,1 miliardi a 1,9 miliardi; in discesa anche quelle riferibili a pubblica amministrazione, fondi, assicurazioni e onlus, passate da 1 miliardo e 191 milioni a 1 miliardo e 145 milioni con una variazione negativa di 46 milioni (-3,86%).

I crediti deteriorati riconducibili alle aziende, invece, sono cresciuti di 921 milioni (+5,40%), da 17,1 miliardi a 17,9 miliardi. Il rapporto tra le sofferenze nette e il totale degli impieghi al settore privato è peggiorato, passando dall’1,07% all’1,29%. Il rapporto tra le sofferenze lorde e il totale degli impieghi al settore privato è migliorato, passando dal 2,27% al 2,31%.

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