L’export delle imprese del Veneto si rivolge ancora per il 35% del fatturato ai mercati “classici” di Germania (11,2 miliardi nel 2022), Francia (9 miliardi) e Stati Uniti (8 miliardi) secondo una tendenza che proseguirà anche nel 2024, mentre la Cina “pesa” soltanto per 1,6 miliardi di euro. Sono alcuni dei dati emersi nella terza edizione dell’Osservatorio Export elaborato dalla Fondazione NordEst per conto di Confindustria Veneto Est, in collaborazione con la Camera di commercio Treviso Belluno.
I ricercatori hanno suddiviso l’export delle imprese del Veneto in quattro gruppi, ossia gli “Internazionalizzati a 360 gradi“, pari al 6% delle 649 realtà che hanno partecipato all’indagine, rappresentati da imprese di medio grandi dimensioni che presentano un’articolazione internazionale molto ricca in termini di filiali, negozi, uffici commerciali o impianti di produzione situati all’estero, gli “Esportatori prevalentemente nella Ue” (32,4%), gli “Esportatori marginali” (35,6%) e i “Non esportatori” (26%), ossia le imprese che vendono solo occasionalmente i propri prodotti oltreconfine.
La ricerca ha analizzato anche la tendenza ad “avvicinare” i propri fornitori all’interno delle catene del valore, alla luce delle criticità emerse durante il Covid per i ritardi nell’operatività dei porti cinesi. «La ridefinizione delle catene di fornitura sembra ancora in atto – spiegano i ricercatori – anche se si segnala una riduzione dell’intensità del fenomeno». Nel 2023 la percentuale di imprese che ha cambiato almeno un fornitore strategico si attesta al 28,2%. Di queste il 53,3% ha scelto di avvicinarlo scegliendolo tra operatori italiani.
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