La Banca centrale europea ha nuovamente confermato, come da attese, i tassi Bce per l’area euro: il livello sulle principali operazioni di rifinanziamento resta fisso al 4,50%, il tasso sulle operazioni marginali al 4,75% e quello sui depositi, che le banche commerciali parcheggiano presso la stessa banca centrale, resta al 4%.
«A parte un effetto base al rialzo sull’inflazione complessiva legato all’energia, la tendenza al ribasso dell’inflazione di fondo è proseguita – afferma la Bce nel comunicato diffuso al termine del direttorio – e i passati incrementi dei tassi di interesse continuano a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento». «Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario», recita il comunicato, ripetendo la formula che ormai da mesi viene interpretata come un segnale sul mantenimento della linea attuale per un periodo ancora da definire.
La Bce «ritiene che i tassi si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale» al ritorno dell’inflazione media dell’area euro al valore obiettivo (2%). La Bce ha anche confermato l’accelerazione decisa nell’ultima riunione dello scorso anno sulla futura manovra di progressiva riduzione delle consistenze di titoli accumulati con il piano lanciato in risposta alla crisi passata, il Pepp. Rinnoverà questi stock integralmente per tutta la prima metà di quest’anno, mentre a partire da luglio procederà a una riduzione “passiva” pari a 7,5 miliardi di euro al mese, ovvero mediante parziale non rinnovo dei bond in scadenza.
«Il consiglio direttivo era concorde nel ritenere prematuro discutere di tagli dei tassi», ha fatto poi sapere il presidente della Bce, Christine Lagarde, durante la conferenza stampa sostenendo che la ripresa dell’inflazione a dicembre è stata «più debole del previsto» e prevedendo che le pressioni sui prezzi «si attenueranno ulteriormente nel corso dell’anno». Cosa che avrebbe dovuto consigliare Lagarde & Co. a rilasciare la briglia del caro tassi Bce per evitare un rallentamento più forte del dovuto dell’economia continentale. Ma così non è stato.
Sebbene l’inflazione dell’eurozona abbia registrato un’accelerazione a dicembre, Lagarde ha affermato che la ripresa è stata più debole del previsto e «non toglie nulla alla nostra opinione che il processo di disinflazione sia in atto».
La decisione della Bce conferma come Lagarde sia largamente inadeguata al suo ruolo. Situazione confermata anche dalla bocciatura senza appello incassata da lei dallo staff della Banca centrale europea che dirige dal novembre 2019. E se il supporto per l’ex–governatrice del Fondo monetario internazionale è già debole di suo a causa di una gestione non proprio all’altezza, impallidisce ancora di più al confronto con il precedente occupante della poltrona più alta di Francoforte: Mario Draghi.
Il quotidiano “Politico” ha diffuso i risultati di un sondaggio sindacale interno a cui hanno preso parte 1.159 dipendenti della Bce (su un totale di circa 4.500), e i risultati sono stati una netta bocciatura dell’operato di madame Lagarde piazzata sulla poltrona di Francoforte per una delle tante impuntature del presidente francese Emmanuel Macron. Poco più della metà degli intervistati (50,6%) ha giudicato la sua gestione della Bce come “scarsa” o “molto scarsa” ancora prima della metà del suo mandato, che dura otto anni fino al 2026.
Il confronto con le valutazioni ottenute a fine mandato dai suoi predecessori è impietoso. Mario Draghi risulta senza dubbio il governatore più apprezzato, complice anche la sua capacità di tenere insieme l’Eurozona nelle sue ore più buie, quando con il suo fatidico «whatever it takes» (accada quel che accada) impedì ai mercati finanziari di fare a pezzi la moneta unica. Meno di un intervistato su dieci lo ha giudicato “scarso” o “molto scarso“, mentre oltre tre quarti delle valutazioni dipingono positivamente il suo operato (21% “buono”, 25,7% “molto buono” e 28,8% “eccezionale”). Quanto a Jean-Claude Trichet, il primo presidente della Bce, i giudizi “scarso” e “molto scarso” non superano il 14,5%.
A giudicare dai diversi commenti raccolti in forma anonima nel sondaggio, ciò che ha più infastidito il personale della Bce è stato l’eccessivo coinvolgimento dell’attuale governatore negli affari politici, che viene percepito come un uso strumentale da parte di Lagarde della propria posizione per promuovere un’agenda personale e servirsi dell’istituto di Francoforte come trampolino per lanciarsi nuovamente nell’agone politico: «Mario Draghi era lì per la Bce, mentre sembra che la Bce sia lì per Christine Lagarde», si legge tra i commenti.
A pesare negativamente non solo la percezione della personalità di Lagarde: pure le decisioni di politica monetaria prese da Lagarde hanno incontrato l’approvazione solo del 38% degli intervistati, mentre l’appoggio a quelle di Draghi si attestava al 64% alla fine del suo mandato. Non solo: in momenti di crisi e di difficoltà come quelli attuali, meno della metà degli intervistati dal sondaggio ha dichiarato di avere fiducia nelle capacità dell’istituto di gestire la crisi con Lagarde alla guida.
Le pesanti critiche al suo operato da parte del personale della “sua” banca sono state commentate da Lagarde con un’alzata di spalle: «alla Bce conduciamo molti sondaggi. In questo caso, una larga maggioranza ha risposto di essere felice di lavorare alla Bce. Il 75% ha risposto che consiglierebbe ad un amico di lavorare alla Bce. Questo tipo di risposte mi danno lo slancio per andare avanti e sono quello a cui presto più attenzione. Per me è un orgoglio ed un onore guidare questo istituto. Siamo al servizio degli Europei e continueremo ad esserlo. Io sono irrilevante. Quello che conta è guidare questo istituto e le persone di talento che ne fanno parte per assolvere alla nostra missione». Insomma, una sorta di novella Maria Antonietta che prima farà fagotto dalla tolda di Francoforte meglio sarà per tutti gli europei.
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