Google, chiesta la conferma della multa Ue da 2,4 miliardi

L’avvocato della Corte di giustizia riconosce che la multinazionale ha favorito dal 2017 il proprio servizio di comparazione dei prodotti.

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L’avvocato generale Juliane Kokott ha proposto alla Corte di Giustizia Ue di confermare l’ammenda di 2,4 miliardi di euro inflitta a Google per aver favorito il proprio servizio di comparazione di prodotti.

Come stabilito dalla Commissione Europea e confermato dal Tribunale, Google ha utilizzato «la propria posizione dominante nel mercato dei servizi di ricerca generale come leva per favorire il proprio comparatore di prodotti visualizzando in maniera preferenziale i suoi risultati». Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte.

«Con decisione del 27 giugno 2017, la Commissione ha constatato che Google avrebbe favorito, nella sua pagina dei risultati della ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei concorrenti. Google presentava i risultati di ricerca del proprio comparatore di prodotti in cima a tale pagina e in modo prominente, con informazioni grafiche e testuali attraenti, nelle cosiddette “Shopping Units”; per contro, i risultati di ricerca degli altri comparatori di prodotti, suoi concorrenti, apparivano solo in posizione meno favorevole come link blu» ricorda la Corte.

«Ciò ha comportato che gli utenti cliccassero con maggiore frequenza i risultati del comparatore di prodotti di Google rispetto a quelli dei concorrenti – prosegue la nota diffusa dalla Corte -. La conseguente deviazione del traffico proveniente dalla pagina dei risultati generali di Google non si basava su una migliore qualità del servizio di comparazione dei prodotti, ma risultava invece dall’autofavoritismo e dall’effetto leva sulla pagina dei risultati generali di Google, vale a dire dallo sfruttamento della posizione dominante di Google nel mercato dei servizi di ricerca generale su Internet».

Google e Alphabet hanno quindi impugnato la decisione della Commissione dinanzi al Tribunale dell’Unione europea. Con la sentenza del 10 novembre 2021, il Tribunale ha sostanzialmente respinto il ricorso, confermando l’ammenda. Per contro, il Tribunale ha ritenuto che non fossero dimostrati gli effetti anticoncorrenziali, anche solo potenziali, del comportamento di Google nel mercato dei servizi di ricerca generale. Di conseguenza, esso ha annullato la decisione nella parte in cui la Commissione vi aveva constatato una violazione del divieto di abuso di posizione dominante anche in relazione a tale mercato.

Google e Alphabet hanno quindi proposto impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia, chiedendo l’annullamento della sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva respinto il loro ricorso e l’annullamento della decisione della Commissione.

«Il compito dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato», scrive la Corte. I giudici della Corte ora dovranno deliberare in questa causa, con la sentenza che sarà pronunciata in una data successiva».

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