Concessioni idroelettriche: regioni e province autonome possono riassegnare agli uscenti

Norma ombrello proposta dalla maggioranza a tutela degli attuali azionisti territoriali.

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concessioni idroelettriche enel diga malga bissina
la diga di Malga Bissina in Trentino.

La partita sulle concessioni idroelettriche è tutt’altro che chiusa. Anche se il decreto energia licenziato dal consiglio dei ministri a fine novembre ha escluso la possibilità di nuove proroghe indistinte, i parlamentari di maggioranza hanno presentato in commissione alla Camera nuovi emendamenti che vanno in questa direzione.

La proposta è stata condivisa da tutto il centro destra, anche se il rischio di contenzioso con l’Unione europea non è affatto escluso, così come sta per accadere con gli ambulanti e le concessioni dei balneari. La Commissione ha chiesto esplicitamente l’apertura del mercato idroelettrico con apposite gare. L’Italia si è adeguata con la passata legge sulla concorrenza e nei prossimi anni gran parte delle concessioni, si stima che entro il 2029 ne sia interessato oltre l’80% degli impianti esistenti, andrà a gara.

Il rischio paventato dagli attori direttamente coinvolti è però di un ingresso massiccio nel settore di operatori stranieri che potrebbero accaparrarsi una delle fonti di energia rinnovabili di cui l’Italia è più ricca, oggi spesso in mano a società possedute in maggioranza dagli enti territoriali locali o dalle relative municipalizzate.

La maggioranza di centro destra è tornata all’attacco sulle concessioni idroelettriche  non con una vera e propria proroga, ma con una “riassegnazione” degli impianti alle aziende che già li gestiscono. L’emendamento al decreto energia – firmato da 9 esponenti della Lega (compreso il presidente della commissione Attività produttive Alberto Gusmeroli), da 6 rappresentanti di Forza Italia, ma anche da uno di FdI (Riccardo Zucconi) oltre che da Noi moderati, Vallée d’Aoste e Mauro del Barba di Italia Viva – prevede la possibilità per le regioni e le province autonome di «riassegnare direttamente al concessionario scaduto o uscente» le concessioni «per l’uso di beni acquisiti alla proprietà pubblica, delle acque e della relativa forza idraulica».

La proposta parla di «un’alternativa più veloce rispetto alle procedure concorsuali di assegnazione, pur salvaguardando condizioni economiche di mercato», ponendo delle condizioni. Per l’avvio del procedimento, regioni e province dovranno richiedere ai concessionari uscenti di presentare una proposta tecnico-economica e finanziaria che dovrà prevedere «un piano economico-finanziario integrato di investimenti pluriennali sugli impianti e sul territorio, con riferimento alla cadenza sia degli interventi di manutenzione alle opere passate in proprietà delle regioni e province autonome che degli ulteriori investimenti per il periodo di durata della concessione».

In alternativa, le amministrazioni locali potranno costituire con il concessionario scaduto o uscente una società a capitale misto pubblico-privato. La durata delle nuove concessioni sarà quella prevista per legge: da 20 a 40 anni in base alle esigenze delle regioni, con una possibile maggiorazione massima di 10 anni.

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