Il meccanismo del “compra ora paghi dopo” sembra mettere d’accordo tutti: il cliente paga in tre o quattro rate senza interessi, il venditore riceve subito la somma per intero, la piattaforma finanziaria incassa commissioni generose da parte del venditore che così incrementa i propri volumi, anche se a discapito della marginalità.
Per questo il “compra ora paghi dopo” sta scuotendo un mercato del credito a rate non brillante e statico a causa degli alti tassi, spesso oltre la soglia psicologica del 10%, mettendo a segno incrementi record, confermati nella stagione degli acquisti natalizi appena conclusa. Un successo che ha però messo in allarme autorità di vigilanza e banche centrali che temono che la facilità e velocità del sistema nel concedere quello che è a tutti gli effetti un prestito, seppure di importo limitato, porti a un indebitamento cumulato pesante specie per giovani, persone a basso reddito e poca istruzione che sono i maggiori fruitori del servizio.
Anche se gli importi sono frazionati in somme non elevate, la somma delle varie rate per acquisti, effettuati quasi sempre tramite i canali online, può raggiungere un importo che è poi difficile da ripagare a fine mese. Dal maggiore rischio discendono quindi commissioni e spese maggiori o insolvenze.
In sostanza, specie le autorità Usa, dove il fenomeno ha preso uno slancio particolare, temono che tutti gli sforzi di questi anni per limitare e regolare l’indebitamento (con una vasta serie di norme sui prestiti, mutui e carte di credito specie quelle revolving), siano di fatto aggirati. Un analista di Wells Fargo lo ha battezzato “debito fantasma” e l’ufficio dei consumatori Usa ha in corso una serie di indagini dopo aver notato che i tassi di insolvenza sono molto superiori a quelli del credito al consumo e altre forme di finanziamento.
In Europa la Banca d’Italia aveva segnalato possibili criticità già lo scorso anno e di recente la Banca d’Irlanda ha emesso una serie di avvisi ai consumatori, mentre la direttiva Ue di ottobre 2023, che verrà gradualmente attuata nei prossimi anni, punta a estendere le tutele dei clienti anche su questo fronte.
La Bri di Basilea, la “banca centrale delle banche centrali”, ha anch’essa raccomandato di aumentare la trasparenza e le informazioni a disposizione dei consumatori e di monitorare le piattaforme finanziarie che, di fronte al moltiplicarsi delle insolvenze, potrebbero finire nei guai mettendo in pericolo la stabilità del sistema. Piattaforme e fintech, sottolinea in un suo focus sul tema, sono nate con l’utilizzo di capitali di rischio e faticano ancora a essere redditizie, sebbene le commissioni incassate siano superiori a quelle delle vendite online o delle carte di credito.
Costi che comunque i venditori sembrano voler sostenere, visto che con il “compra ora, paghi dopo” si aumenta la base clienti a consumatori che non potrebbero permettersi il bene o servizio acquistato e che operano acquisti via digitale. Inoltre, il venditore scarica il rischio di credito sull’operatore del servizio. Tutti elementi appunto che hanno portato al successo della formula.
Dal 2019, il “compra ora paghi dopo” è aumentato, secondo le stime della Bri, di 6 volte, a oltre 300 miliardi di dollari di giro d’affari. Svezia e Australia sono i mercati con una maggiore diffusione, ma Usa, Gran Bretagna e Cina mostrano anch’essi dei tassi elevati. Una visione più rosea arriva da Floa (gruppo Bnp Paribas), operatore attivo nel settore, secondo cui il 43% degli europei ha già effettuato un acquisto utilizzando questa soluzione, mentre in Italia fra il 2022 e il 2021, il numero di utenti è aumentato del 22%. E c’è ancora margine di crescita, perché il segmento, sempre secondo Floa, «ha ancora un potenziale di crescita nel mercato italiano, dato che il 31% degli italiani (quasi uno su tre) utilizza questo metodo di pagamento in maniera saltuaria».
Nel caso di impossibilità di fare fronte al cumulo di debiti, oltre a problemi di solvibilità e alla possibilità di incappare in procedure di recupero crediti non sempre ortodosse, c’è il rischio di essere segnalati alla centrale rischi con l’impossibilità di accedere alla stipula di crediti successivi, magari di importanza maggiore che non quello di concedersi un fatuo consumo spesso d’impulso e di prodotti alla moda.
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