Pedaggi autostradali, l’anno nuovo porta in dote gli aumenti

Associazioni consumeristiche nettamente contrarie: il maggiore volume di traffico porta maggiori utili nelle casse dei concessionari, mentre l’automazione dei caselli riduce i costi del personale.

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Anno nuovo e pedaggi autostradali con ritocchi di costo al casello per automobilisti e autotrasportatori, nonostante l’aumento del volume di traffico e l’automazione sempre più spinta dei caselli che riducono i costi del personale che portano maggiori guadagni nelle casse di concessionari, che sempre più si dimostrano essere moderni feudatari che incassano l’aggio del passaggio anche a concessioni stra ammortizzate o stra scadute, come nel caso dell’Autobrennero.

E mente il presidente dell’associazione di categoria dei concessionari autostradali, Aiscat, Diego Cattoni, pietisce al governo la necessità di aumentare i pedaggi di almeno il 2,3% medio, da parte delle associazioni consumeristiche si definiscono ingiustificate le richieste.

«Rincari ingiustificati che favoriscono solo gli utili dei gestori autostradali, il Parlamento voti contro gli aumenti tariffari e intervenga il Garante dei prezzi – tuona il presidente di Assoutenti Furio Truzzi -. I consumatori si dicono contrari a questa scelta del Governo di ripetere il solito rito di anno nuovo e aumenta le tariffe ai caselli autostradali che apparentemente finalizzati a finanziare i lavori sulla rete, in realtà contribuiscono ai profitti delle società autostradali come confermano i bilanci degli ultimi 2 anni (solo Aspi oltre 1 miliardo nel 2022, 800 milioni nei primi nove mesi del 2023). Tali aumenti vanno negati, tanto più in assenza dei piani economico-finanziari come prevede ART».

Per il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, «i rincari dei pedaggi autostradali sono del tutto ingiustificati e si aggiungeranno alla lunga lista di aumenti di prezzi e tariffe che interesserà le famiglie nel corso del 2024. Dopo RC auto, telefonia, alimentari, gli italiani dovranno mettere in conto a partire dal prossimo anno anche i rincari delle autostrade, una ulteriore voce di spesa che inciderà sulle tasche dei consumatori. Con l’aggravante che a pedaggi più salati non corrisponde un miglioramento dei servizi resi agli utenti, come dimostrano i continui disservizi su tutta la rete, i cantieri infiniti, le lunghissime code che imprigionano gli automobilisti. Al contrario il costo dei pedaggi, a fronte dei gravi disservizi registrati sulle autostrade nel 2023, sarebbe dovuto scendere come forma di indennizzo in favore degli automobilisti lesi».

Secondo Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti, «dopo la sospensione degli aumenti, per la vergogna del crollo del ponte Morandi, dallo scorso anno è ripreso il “tradizionaleaumento dei pedaggi sui 6.000 km di rete, autorizzato anche ai gestori con la concessione scaduta. Non basta l’adozione dei soliti vaghi piani d’investimento contenuti nei PEF (piani economici) dei vari concessionari per giustificare l’aumento».

«Il rincaro è ingiustificato perché il traffico e i ricavi sono cresciuti, l’automazione ha dimezzato il personale e i costi di esercizio – prosegue Balotta -. Tutto ciò rende ancor più immotivati gli aumenti, visto che la manutenzione e la sicurezza dovrebbero già essere comprese dagli extra profitti derivanti dai pedaggi tra i più cari d’Europa. In questo momento l’aumento non farà altro che dare un’altra fiammata inflattiva, mentre le tariffe pubbliche andrebbero congelate».

Intanto, la concessionaria Autostrade Alto Adriatico ha comunicato che i pedaggi non subiranno alcun aumento sulla propria rete, così come la stessa società non aveva presentato alcuna richiesta di ritocco al ministero.

Sulle tratte di competenza di Autostrade Alto Adriatico (A4 Venezia – Trieste, A28 Portogruaro – Conegliano, A23 Udine Sud – Palmanova e A34 Villesse – Gorizia) i pedaggi rimarranno quelli fissati nel 2018. Lo stesso dovrebbe valere per tutte le tratte autostradali.

Almeno in attesa di un profondo cambio di passo sulla gestione delle concessioni autostradali italiane, specie quelle ampiamente scadute, cancellando ogni rinnovo per farle entrare nel patrimonio pubblico gestito direttamente da Anas o da una propria società, liberalizzando le tratte così come sta accadendo da anni in Spagna, dove si sono azzerati i pedaggi su oltre 1.300 km di rete. Perché l’Italia non riesce a fare altrettanto, uscendo da un odioso regime feudale autostradale?

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