Salari reali dei dipendenti italiani inchiodati da trent’anni, ma i ricchi corrono

La media Ocse segna un rialzo di ben il 32,5%. La forza lavoro invecchia sempre di più e si allarga la forbice con i precettori di reddito d’impresa.

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I salari reali dei lavoratori italiani sono sostanzialmente inchiodati da trent’anni, la forza lavoro è in rapido invecchiamento e crescono le difficoltà delle aziende a trovare il personale necessario ad assicurare la produzione: sono alcune tra le principali criticità del mercato del lavoro italiano secondo l’Inapp che con il presidente, Sebastiano Fadda, ha presentato il suo rapporto annuale.

Sull’altro versante, quello dei redditi da impresa e della finanza di coloro che sono già abbondantemente ricchi, in Italia nel 2022 sono cresciuti mediamente del 30% e i 70 paperoni censiti da Forbes in Italia non se la cavano affatto male, con l’aumento vuoi della redditività aziendale, vuoi con l’andamento di Borsa decisamente brillante.

Tornando al fronte degli stipendiati, l’indagine Inapp evidenzia come tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono cresciuti solo dell’1% a fronte del 32,5% in media registrato nell’area Ocse. «Una prima criticità – spiega Fadda – è costituita dalla questione salariale. La distribuzione funzionale del reddito mostra una caduta crescentedella quota dei salari sul Pil e una crescente quota dei profitti (sono rispettivamente del 40% e del 60%) che configurano un modello di crescitaprofit led”. Nella letteratura economica – evidenzia Fadda – vengono avanzati forti dubbi sulla tenuta di tale modello nel lungo periodo, mentre si attribuisce maggior solidità al modellowage led” per via della crescita della domanda aggregata che è in grado di alimentare un sentiero di crescita sostenuta».salari reali

In Italia sta emergendo un altro fenomeno che, secondo l’Inapp, «deve preoccupare i responsabili della politica economica: si tratta del cosiddetto “labour shortage”, ossia della carenza di lavoratori. Si manifesta con la difficoltà dei datori di lavoro a coprire i posti vacanti».

Un dato questo che è legato anche al forte invecchiamento della forza lavoro (e ai salari bassi che non spingono nel mercato del lavoro nuove quote di attuali inattivi) sulla scia dell’andamento demografico. Se nel 2002 ogni 1.000 persone che avevano un’età compresa tra 19 e 39 anni ce n’erano poco più di 900 aventi 40-64 anni, nel 2023 quest’ultimo valore ha superato le 1.400 unità.

Tornando al fronte dei redditi da impresa o da finanza, il 2023 si chiude in bellezza per i miliardari italiani, oltre 70 secondo la classifica stilata da Forbes, 20 in più rispetto al 2022, con una crescita media dei rispettivi patrimoni del 30%, una crescita verificatasi in un solo anno, a fronte dell’1% di crescita sul fronte dei salari reali, ma in ben 30 anni.

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Anche per il 2023 l’uomo più ricco d’Italia si è confermato Giovanni Ferrero con un patrimonio 39,1 miliardi di dollari, che si distingue anche nella classifica mondiale portandosi al 32esimo posto e al quinto in Europa dietro ai proprietari degli imperi Lvmh (Bernard Arnault), Zara (Amancio Ortega), L’Oréal (Françoise Bettencourt Meyers) e Lidl/Kaufland (Dieter Schwarz).

Al secondo posto della classifica italiana c’è Giorgio Armani con un patrimonio di 12,9 miliardi, pari a meno di un terzo di quello di Ferrero. Per la prima volta, il podio è completato da Piero Ferrari, figlio di Enzo, con 7,6 miliardi. Tutti e tre i miliardari sul podio sono più ricchi di un anno fa. Il patrimonio di Ferrero è aumentato di 4,5 miliardi rispetto a un anno fa. Merito della crescita del suo gruppo, che nell’ultimo bilancio, pubblicato a febbraio, ha visto crescere il fatturato a 14 miliardi, con un aumento del 10,4% sull’anno precedente. Armani ha 6 miliardi in più di un anno fa. Ferrari ha visto il suo patrimonio salire di oltre 3 miliardi negli ultimi 12 mesi, grazie alla crescita del 61% del titolo in Borsa della casa automobilistica, di cui possiede circa il 10%.

Al quarto posto arriva una donna, è Massimiliana Landini Aleotti, proprietaria dell’azienda farmaceutica Menarini, che ha un patrimonio di 6,8 miliardi di dollari. Tallonata da Sergio Stevanato, presidente emerito di Stevanato Group di Padova, che grazie alle fiale di vetro e alle cartucce per le penne d’insulina (vendute in tutto il mondo) ha raggiunto un patrimonio di 6,7 miliardi. Al sesto posto ci sono i coniugi Miuccia Prada e Patrizio Bertelli (4,5 miliardi), seguiti da Giuseppe De’Longhi (4,4 miliardi). Nono Giuseppe Crippa (4,1 miliardi), fondatore di Technoprobe, uno dei due grandi produttori mondiali delle schede per i test dei microchip.

A chiudere la “top ten”, al decimo posto c’è un pari merito tra 11 miliardari, che hanno raggiunto tutti un patrimonio di 4 miliardi. Si va dagli otto eredi di Leonardo Del Vecchio: i figli Claudio, Clemente, Leonardo, Luca, Marisa e Paola, la vedova, Nicoletta Zampillo, e Rocco Basilico, nato dal precedente matrimonio di Zampillo con il banchiere Paolo Basilico. A quota 4 miliardi ci sono anche il costruttore ed editore Francesco Gaetano Caltagirone, il presidente di Campari Group, Luca Garavoglia, e il nome nuovo che occupa la posizione più alta in classifica: Giancarlo Devasini, direttore finanziario di Tether, una società di stablecoin con sede nelle Isole Vergini Britanniche. Tra gli eredi di Berlusconi, Marina e Pier Silvio sono al 38esimo posto, Barbara, Eleonora e Luigi al 67esimo.

Si allarga sempre più la forbice tra i dipendenti e i vertici aziendali, con i salari reali di una vita di lavoro e di pensione che, sempre più spesso, non equivalgono un mese di salario di un dirigente di vertice. Una differenza davvero stridente.

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