Adepp, i professionisti iscritti alle casse di previdenza privata sono 1,6 milioni iscritti

Redditi medi in crescita del 15,9% in un anno, ma pesa la forte variabilità tra categorie. Serve un taglio della pressione fiscale sui rendimenti finanziari che falcidia 650 milioni.

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Adepp Professionisti non ordinistici

Dal 2021 al 2022 gli iscritti alle Casse di previdenza private (oltre 1,6 milioni di professionisti e lavoratori autonomi) riuniti nell’Adepp vantano redditi medi in crescita del 15,87% (pari a 41.698 euro). E, partendo dalle dichiarazioni del 2020 (relativi ai guadagni del 2019, anno pre-Covid), «i redditi nominali sono aumentati del 12,5%, quasi il doppio dell’inflazione nello stesso periodo» evidenzia l’Adepp, sottolineando come al Sud i professionisti «dichiarano un reddito del 46% inferiore ai colleghi del Nord».

«Se includiamo gli effetti dell’inflazione sui redditi – si sottolinea nel dossier dell’Adepp – notiamo che questi sono scesi, in termini reali, del 8% dal 2005». I liberi professionisti fino a 40 anni d’età, comunque, si specifica, guadagnano meno della metà dei colleghi con più di 50 anni. Quanto, poi, alla questione patrimoniale, la discesa registrata dal comparto nel 2022103,8 miliardi dai 108 dell’anno prima – si sottolinea che «vanno considerate la congiuntura economica internazionale sicuramente negativa, ma anche le partite di bilancio che tengono conto della diminuzione dei valori di mercato e non delle plusvalenze in corso».

E, sempre al 31 dicembre 2022, le entrate contributive sono state di 11,9 miliardi, le uscite per prestazioni paria 7,6 miliardi e, nel complesso, si sono contati 690.000 trattamenti erogati ai professionisti associati. Al decremento delle riserve patrimoniali corrisponde anche la quota delle risorse che sono state impiegate per le misure di welfare (450 milioni, 530 nel 2021) e l’ammontare del carico fiscale che grava sul comparto (650 milioni, 765 nell’annualità precedente).

Il rapporto Adepp mette in luce anche la crescita del numero dei professionisti iscritti (pari ad oltre 1,6 milioni, +1,43% rispetto al 2021, +24.64% in 17 anni), dovuta, si sottolinea, in parte ai nuovi ingressi, in parteall’aumento dell’età di pensionamento e del numero di percettori di prestazioni previdenziali che continuano a esercitare l’attività professionale anche dopo l’andata in quiescenza. La maggior parte degli associati agli Enti rientra nelle fasce d’età 40-60 anni (circa il 53%); il numero di iscritti under40 è diminuito dal 41% del 2005all’attuale 27%, nello stesso arco temporale è salita la quota degli over60 (dal 10% al 22%). Nel 2022, infine, le professioniste sono quasi il 41% del totale della platea degli Enti.

Dalle casse di previdenza private escono oltre 2,65 miliardi di gettito incassato dall’Erario: più di 1,8 miliardi versati a titolo di Irpef su prestazioni previdenziali, oltre 44 milioni per le addizionali comunali e più di 115 milioni per le addizionali regionali, tutti importi che gravano su pensionati e beneficiari delle azioni di welfare. A ciò si aggiungono 650 milioni di tassazione sui rendimenti finanziari, un unicum che vede la previdenza dei professionisti sottoposta ad una doppia tassazione: sia nella fase di accumulo del patrimonio previdenziale che all’atto della maturazione delle prestazioni in capo ai singoli iscritti.

«Per la prima volta – afferma il presidente Adepp, Alberto Oliveti – abbiamo calcolato l’impatto delle tasse che arrivano allo Stato, alle regioni e ai comuni grazie alla gestione caratteristica delle Casse dei professionisti: ben 2 miliardi all’anno arrivano dalle pensioni, che si sommano ai 650 milioni di doppia tassazione, cioè le imposteche gli Enti di previdenza pagano sui rendimenti degli investimenti».

Proprio la tassazione sui rendimenti finanziari del capitale delle casse è al centro di una trattativa con il governo volto a ridurlo progressivamente dopo che il governo Renzi lo aveva aumentato dal 21 al 26%, anche per consentire la liquidazione agli iscritti di prestazioni maggiori, specie per coloro – e sono tanti – che hanno guadagni e future pensioni molto basse, anche per la perdurante mancanza della fissazione dei criteri dell’equocompenso, sempre rimandato, nonostante la legge porti la firma dell’attuale premier Giorgia Meloni.

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