Olimpiadi invernali 2026, Berton sbrocca su Cortina mutilata

«Se non avremo i giochi che ci spettano, pronti a valutare una richiesta di danni d’immagine in tutte le sedi».

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Infrastrutture del Bellunese
Lorraine Berton, presidente Confindustria Belluno Dolomiti.

Le Olimpiadi invernali 2026 Milano-Cortina paiono essere nate sotto una cattiva stella a causa dei continui problemi connessi con la sostenibilità finanziaria degli impianti, tanto da avere già fatto due vittime illustri, con l’azzeramento dell’impianto di pattinaggio velocità su ghiaccio di Miola di Pinè in Trentino, spostato alla Fiera di Milano e, più recentemente, delle gare di bob e di skeleton di Cortina che ancora ballano tra Cesana in Piemonte o, più probabilmente a St. Moritz in Svizzera.

Due situazioni legate a doppio filo con l’eccesso di entusiasmo da parte di una politica locale che si è rivelataancora una volta troppo parolaia e poco calata a terra, visto che solo con una migliore programmazione e organizzazione dei lavori si sarebbe potuto evitare il depotenziamento delle località di gara. Ma la classe degli amministratori pubblici è quella che è e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Fa comunque specie che, soprattutto in Veneto, si sbraiti per una Cortina sede di Olimpiadi Invernali 2026 mutilata, a partire dal presidente del Veneto, Luca Zaia, che chiede il riassetto della ripartizione delle gare con le altre sedi già assegnate per non svilire il Veneto, trovando il classico muro di gomma dal fronte lombardo. Richiesta cui ora s’accoda anche Confindustria Belluno Dolomiti, con il presidente Lorraine Breton che sbrocca, minacciando pure il ricorso alle carte bollate «se il territorio veneto e bellunese non avrà la dignità che merita e che gli spetta nell’organizzazione delle Olimpiadi invernali 2026, che ricordo sono state assegnate a Milano e Cortina insieme, valuteremo una richiesta di danni di immagine e al territorio in tutte le sedi, anche legali».

Per Breton «senza bob o redistribuzione delle gare, il nostro sistema economico e sociale riporterà dei danni irreparabili rispetto alla crescita attesa e già quantificata da autorevolissimi studi universitari. Il danno però non sarebbe solo economico, ma anche “esistenziale”, perché riguarderebbe l’esistenza stessa, ovvero il futuro, dei nostri territori», sottolineando che la «richiesta di danni in tutte le sedi, anche legali, i cui destinatariandrebbero individuati con precisione seguendo la filiera delle responsabilità, anche politiche».

Peccato che nell’assegnazione di eventi internazionali come quello olimpico o di un’expo i potenzialiorganizzatori sopravvalutino quasi sempre le ricadute, sottostimando i costi e, quando i nodi iniziano a venire al pettine, vuoi per una cattiva programmazione, vuoi per cause esterne indipendenti dalla volontà degli organizzatori come l’aumento abnorme dei tassi d’interesse, dell’inflazione e dei costi dei materiali, i problemi diventano insormontabili.

L’esperienza del passato pare non avere insegnato nulla a frotte di amministratori locali e non, dove il successo effimero dell’evento ha lasciato alle spalle spesso macerie, non solo materiali.

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