Il caro mutui e la crisi del mercato immobiliare hanno fatto una prima, illustre vittima: il fallimento Signa Holding, l’impero immobiliare del magnate austriaco René Benko che ha annunciato l’apertura di una procedura di insolvenza per una pesante crisi di liquidità e aumento dei costi operativi che hanno scombussolato tutti i piani operativi del gruppo che ha attività e interessi in mezz’Europa, Italia compresa, specie in Trentino Alto Adige.
«Nonostante i notevoli sforzi compiuti nelle ultime settimane, non è stato possibile ottenere la liquidità necessaria per una ristrutturazione extragiudiziale in misura sufficiente» è scritto nella nota diffusa dalla Signa Holding che annaspa alla ricerca di circa 600 milioni di euro per onorare i debiti in scadenza.
Quello del quarantasettenne Renè Benko appare il crollo di una sorta di re Mida dell’immobiliare, capace di catalizzare l’attenzione degli investitori per supportare i suoi piani di costruzione e riqualificazione di interi areali urbani, passato da un’ascesa che pareva irresistibile al rapido crollo. Nato ad Innsbruck nel capoluogo del Tirolo in Austria nel 1977 da una famiglia della piccola borghesia (il padre impiegato comunale e la madre educatrice), a 17 anni lascia la scuola e intraprende i primi passi nel settore immobiliare. Fa i suoi primi soldi trasformando soffitte di case in attici di lusso. Nel cuore di Innsbruck abbatte e ricostruisce con standard moderni il centro commerciale Tyrol. Nel 2004 nasce il fondo immobiliare “Signa:01 Propery Fund” per il quale cerca e trova investitori. Da lì la crescita pare senza limiti, con il suo patrimonio che continua ad aumentare. Nel 2014 compra la famosa catena tedesca di negozi Karstadt, che si trova in forte difficoltà economiche. Nel 2019 acquisisce assieme alla Rfr Holding lo storico Chrysler Building a New York. Benko investe anche in Alto Adige, come nell’aeroporto di Bolzano e nel nuovo centro commerciale Waltherpark nel centro storico del capoluogo altoatesino.
L’aumento dei tassi di interessi innescato dalla Banca centrale europea per combattere l’inflazione e il conseguente rallentamento del mercato immobiliare ha causato le difficoltà a trovare nuovi investitori e a vendere gli immobili realizzati.
Secondo Forbes, il patrimonio di Benko, che la scorsa estate era ancora stimato con 5,5 miliardi di euro, nel girodi pochi mesi è crollato a 2,6 miliardi, a fronte di 27 miliardi di attività del gruppo.
Nelle scorse settimane sono anche cresciuti i malumori tra i suoi soci, perché l’esposizione totale di Signa Holding verso i creditori è pari a circa 13 miliardi, secondo una ricostruzione di Bloomberg. Benko è riuscito ad attrarre capitale azionario i più blasonati e potenti gruppi imprenditoriali europei, come la famiglia Peugeot che detiene il 4,6% di una delle oltre 100 società del gruppo.
Ma dopo gli azionisti, a ballare ci sono le banche, la cui esposizione verso Signa Holding è decisamente preoccupante. La banca svizzera Julius Baer pare essere esposta per circa 600 milioni, pari a ben il 40% del portafoglio crediti più rischiosi. Anche Unicredit e l’austriaca Raffeisen bank international sarebbero esposte per circa 700 milioni ciascuna. Invischiate anche tre Landesbanken tedesche come Helaba, Nordlb e Bayernlb(banche regionali di proprietà pubblica situate in Baviera e Assia) a cui Bloomberg attribuisce un’esposizione che si misura in centinaia di milioni.
In Germania l’allarme è ai massimi, perché c’è il rischio di innesco di insolvenze a catena, specie se le banche locali, già finanziariamente piuttosto deboli, dovessero subire anche altri fallimenti di gruppi immobiliari: potrebbe essere a rischio un quinto del Pil tedesco e un decimo dei posti di lavoro. E per il governo tedesco già a durissima prova per i 60 miliardi del bilancio federale bloccati dalla sentenza della Corte costituzionale federale, i fallimenti a catena del settore immobiliare sarebbero decisamente un fardello difficile da gestire.
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